7.5
- Band: PHILOSOPHOBIA
- Durata: 00:53:07
- Disponibile dal: 24/06/2022
- Etichetta:
- Sensory Records
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I Philosophopia debuttano con questo loro primo album, ma la loro storia comincia già un po’ di anni fa, esattamente nel 2007, quando Andreas Ballnus e Alex Landenburg registrano dei demo per un progetto prog metal, insieme al cantante Domenik Papaemmanouil dei Wastefall. Di lì a poco, tuttavia, Andreas e Alex hanno una svolta nella loro carriera: Andreas parte in tour come chitarrista dell’ex Maiden Paul DiAnno e Alex come batterista degli Annihilator. Dopo una serie di altre collaborazioni e nuove band, si ritroveranno solo nel 2020 quando, dopo aver fatto ascoltare questo materiale all’ex Pain Of Salvation Kristoffer Gildenlow, questi li spingerà a riprendere il progetto, decidendo anche di entrare nella band come membro ufficiale: la line-up viene completata, poi, dal tastierista Tobias Weißgerber e vengono confermate sei tracce tra quelle che già erano comparse nei primi demo, che ovviamente vengono ri-registrate assieme a qualche pezzo nuovo.
La tracklist parte subito benissimo con due brani di prog metal tecnico, raffinato e complesso, ovvero “Thorn In Your Pride” e “I Am”: sono certamente forti le influenze di Fates Warning e Dream Theater, ma la band riesce pure a mettere del suo, rielaborando, altresì, la lezione proveniente dall’ottima tradizione di prog metal di scuola tedesca (Sieges Even, Vanden Plas, Poverty’s No Crime, Ivanhoe, ecc.). In tale ottica, sono molto validi anche pezzi come “As Light Ceased To Exist” e “Voices Unheard”, ma aggiungeremmo anche la strumentale “Thirteen Years Of Silence”. Meno complessa ma sempre con belle atmosfere tipicamente Fates Warning è “Time To Breathe”, anch’essa abbastanza convincente.
In generale, l’intesa tra i musicisti è ottima: ci convince la sezione ritmica, se vogliamo piuttosto insolita, composta da Landenburg e da Kristoffer Gildenlow, ma ci convince ancora più l’intesa tra Ballnus e il tastierista Weißgerber: proprio quest’ultimo, davvero straordinario con arpeggi, assoli, tappeti, tra tastiere, hammond e splendide evoluzioni di piano, riteniamo abbia apportato un significativo valore aggiunto alla buona riuscita di queste tracce. Dove a nostro avviso invece i Philosophobia riescono meno bene, è quando provano ad introdurre una vena più atmosferica, quando cercano di spostare il focus su un approccio più emozionale delle composizioni: sotto questo profilo, non ci sembrano centrare pienamente l’obiettivo e ne sono riprova brani come “Between The Pines” (peraltro, uno dei brani di più recente composizione) e “Within My Open Eyes”. A proposito di quest’ultima, peraltro, possiamo aggiungere che l’inizio è costruito attorno al tema di una sonata di Beethoven, che poi non viene però sviluppato per essere invece sostituito da una nuova parte. Inoltre, attorno ai quattro minuti c’è una pausa così lunga da indurci a pensare inizialmente che si trattasse di una sorta di breve ghost-track piuttosto che il prosieguo del brano.
Ad ogni modo, nell’insieme questo album di debutto ci è piaciuto e speriamo sinceramente che quello dei Philosophobia non sia un semplice progetto estemporaneo ma che possa invece avere un seguito con una line-up stabile.