8.0
- Band: PHOBOCOSM
- Durata: 00:41:12
- Disponibile dal: 08/12/2023
- Etichetta:
- Dark Descent
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In punta di piedi, senza mai sollevare grandi polveroni, i Phobocosm sono arrivati a tagliare il traguardo del terzo full-length (cui si aggiungono un EP e un paio di singoli), distinguendosi per un approccio alla materia death metal da sempre permeato di tensioni sperimentali e visioni apocalittiche; cupi scorci di un mondo alla rovina in cui i palazzi delle città crollano, i mari scompaiono, i deserti avanzano, mentre i Nostri – interiorizzata a dovere la lezione di maestri come Gorguts e Immolation, così come quella dei sempre più rilevanti Ulcerate – ne scandiscono inesorabilmente le ore prossime alla fine definitiva. Un suono i cui pregi avevamo già rimarcato su queste pagine parlando dei precedenti “Deprived” (2014) e “Bringer of Drought” (2016), ma che solo oggi possiamo dire abbia raggiunto una piena e appagante maturità, lanciando di riflesso il contenuto di “Foreordained” nell’elenco dei cosiddetti ‘botti’ di fine anno.
Licenziato ancora una volta da Dark Descent e introdotto dal solito, suggestivo dipinto di Lauri Laaksonen (Assumption, Convocation, Desolate Shrine), l’album vede il gruppo di Montréal mettere definitivamente a punto il proprio gusto per le trame dense, espansive, figlie di una narrazione che reclama di imporsi per la sua tetraggine e intensità, in un flusso che l’ascoltatore poco avvezzo potrebbe anche scambiare per immobile, ma che in realtà – sotto una coltre di chitarre magmatiche, growling vocals dalle profondità della Terra e ritmiche stentoree – sa essere epico e solenne, oltre che intarsiato di una moltitudine di stratificazioni e dettagli da assaporare con calma.
Musica che non invita certo all’headbanging, e che per questo motivo potrebbe escludere dai giochi quella fetta di pubblico death metal sempre e comunque in cerca dell’impatto, ma che con la sua concatenazione di parti massicce e pesantissime (ai limiti del doom), esplosioni colleriche e digressioni in cui la melodia trapela dallo sfondo (si senta “For an Aeon”) non ha grosse difficoltà a svettare su buona parte della concorrenza, facendo leva, minuto dopo minuto, sull’insostituibile forza dei riff e delle dinamiche. Un disco avvolgente, curato e che, come detto, sa di effettiva consacrazione artistica per i Phobocosm, pronti a raccogliere con questa colata di lava nera i frutti coltivati in oltre un decennio di carriera.