7.5
- Band: PHOBOPHILIC
- Durata: 00:38:04
- Disponibile dal: 16/09/2022
- Etichetta:
- Prosthetic Records
Spotify:
Apple Music:
Con tutte le uscite death metal che l’underground sta producendo negli ultimi tempi, vi è talvolta il rischio di approcciarsi all’ennesima nuova pubblicazione senza l’adeguata attenzione o addirittura con un vago senso di sufficienza, dato che il nostro stereo o le nostre playlist sono già abbondantemente pieni di musica di valore. Per fortuna, il debut album dei Phobophilic è giunto in redazione con un certo anticipo sulla sua data di uscita ufficiale, dandoci modo di ritagliarci del tempo per ascoltarlo con cura anche in un periodo fittissimo di nuovi arrivi. Avevamo ancora in mente “Undimensioned Identities”, buon EP del 2019 stampato dalla svedese Blood Harvest, ma con questo primo full-length la death metal band statunitense ha senz’altro fatto le cose ancora più in grande. Sicuramente la scelta di fare tutto con calma, lasciando trascorrere circa in paio d’anni dalle ultime pubblicazioni (oltre al suddetto EP ricordiamo uno split con i canadesi Sedimentum), ha giovato alla stesura del materiale di “Enveloping Absurdity”, il quale si presenta equilibrato sotto ogni aspetto e davvero ben prodotto.
Quella della formazione del North Dakota è una ricerca in campo old school death metal dai toni tutto sommato colti, dai connotati tormentati, a volte disorientanti, liberi, intenzionalmente distanti dalle forme più dritte e ignoranti del genere. Non parliamo tuttavia di un gruppo fissato con astrattismi e dissonanze: invece di correre dietro a Gorguts e Ulcerate, il quartetto possiede l’anima tipica dell’anarchico saltimbanco che si confronta con l’arte della trasfigurazione del riff nelle sue più ingegnose sfaccettature, ripercorrendo quei sentieri già cari all’intramontabile genio di “Nespithe” dei Demilich. C’è tanto della scuola finlandese più eccentrica nei solchi di “Enveloping Absurdity”, disco in cui dominano le chitarre e tutte le loro traiettorie, a tratti volubili, intricate, cupe, di rigidità insostenibile o, al contrario, di inaspettata e galvanizzante flessibilità.
La tracklist dell’album è un continuo saliscendi, un flusso che si muove per addensamenti o per sottrazione di elementi e che va a convogliarsi in un concept ben definito. Nessuna grande novità sul fronte prettamente stilistico, anche perché in questo genere ormai non si può prescindere nemmeno dagli insegnamenti di realtà contemporanee come i Blood Incantation di “Starspawn” o i Tomb Mold delle ultime opere, ma il primo album dei Phobophilic resta comunque plastico, curato e ispirato sotto pressoché ogni aspetto (vedi anche gli assoli), offrendo vari spunti di oscura bellezza agli amanti di questo particolare filone death metal che regolarmente viene celebrato al Kill Town Death Fest.