5.5
- Band: PINO SCOTTO
- Durata: 00:54:13
- Disponibile dal: 27/03/2020
- Etichetta:
- Nadir Music
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Sono passati appena un paio d’anni da quando Pino Scotto pubblicava l’album “Eye For An Eye”, eppure non sembrerebbe: questo nuovo lavoro, intitolato “Dog Eat Dog”, infatti, presenta un calo tale che non ci saremmo aspettati in così poco tempo. Il nostro rocker nazionale, la cui voce avevamo sentito pur sempre abbastanza tonica e grintosa fino a non poco tempo fa, sembra aver ora perso tutto il suo smalto e la sua brillantezza: appare invece appesantita, priva di qualsiasi espressività, con un approccio piatto, uguale per tutti i brani, che siano pezzi heavy o ballate. Persino la pronuncia dell’inglese appare troppo marcata, talvolta addirittura maccheronica e la cosa ci sorprende: non è la prima volta che Pino si cimenta, ha cantato interi album in inglese.
Lo stile ricalca abbastanza facilmente schemi già noti, con canzoni rock intrise di una vena blues e qualche riff un po’ più heavy. Particolare un brano come “One World One Life”, dove viene inserito il sax che riesce a conferire delle belle note di colore, ma non sono niente male neanche le due tracce iniziali, ovvero l’opener “Don’t Waste Your Time” e “Not Too Late”, un brano arricchito da un piano molto rock’n’roll e da una bella performance strumentale da parte dei musicisti. A tal proposito, menzioniamo i membri della la line-up, composta dal funambolico chitarrista Steve Volta, da Leone Villani Conti al basso (Trick Or Treat), Federico Paulovich alla batteria (Destrage) e Mauri Belluzzo alle tastiere e hammond (Graham Bonnett, ex Rainbow). Nel disco certamente ci sono altri brani apprezzabili o che hanno un buon potenziale: potremmo citare, ad esempio “Same Old Story”, il bel riffing di “Dust To Dust” o il rockblues veloce di “Talking Trash”. Il loro limite, purtroppo, dispiace dirlo, è dato proprio dalla performance vocale, che già non ci convinceva appieno in “Eye For An Eye”, ma che ora lascia davvero a desiderare.
Non vogliamo tirare in ballo le solite giustificazioni legate all’età (teniamo presente che l’autore ha compiuto settant’anni) perchè parliamo comunque di un cantante che ha carattere e carisma da vendere, ma proprio questo è quello che non riusciamo a sentire nel disco se non a sprazzi, come se ci fosse stata troppa sicumera (o, piuttosto, leggerezza) nell’approccio ai brani e questo non è ammissibile sia che si tratti di un giovane alle prime armi, sia che ci si chiami Pino Scotto.