7.0
- Band: PLACE VENDOME
- Durata: 00:56:24
- Disponibile dal: 24/02/2017
- Etichetta:
- Frontiers
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C’è sempre un grandissimo lavoro dietro alle pubblicazioni dei Place Vendome, progetto nato da una idea di Serafino Perugino della Frontiera Records per unire grandi canzoni di melodic rock con la meravigliosa voce di Michael Kiske. Arrivati ormai al quarto album, il duo composto dal cantante tedesco e Dennis Ward, con il supporto fondamentale dell’etichetta italiana, ha costruito ormai una squadra di professionisti assoluti, che sono in grado di confezionare un’opera formalmente ineccepibile. Oltre a Ward, in veste di produttore, bassista e chitarrista ritmico, troviamo Günter Werno alle tastiere e Dirk Bruinenberg alla batteria, mentre il parco degli autori vede nomi importanti della scena internazionale e italiana, da Magnus Karlsson (Primal Fear), Jani Liimatainen (Cain’s Offering, ex-Sonata Arctica), Olaf Thorsen in coppia con Fabio Lione, Simone Mularoni dei DGM, Alessandro Del Vecchio e Aldo Lo Nobile dei Secret Sphere. Infine, mettono una ciliegina sulla torta anche una serie di chitarristi solisti, che hanno impreziosito il lavoro con i loro interventi alla sei corde, dall’amico Kai Hansen, a Gus G, passando per Magnus Karlsson, Michael Klein e molti altri. Insomma, con un team a questi livelli è quasi impossibile sbagliare e, in effetti, la prima parte dell’album è quasi ineccepibile: “Close To The Sun” e “Welcome To The Edge” sono delle composizioni da manuale, più energiche e vitaminiche rispetto al passato, suonate egregiamente e cantante da un fuoriclasse assoluto. Ottima la scelta di includere anche una cover dei DGM, “Hereafter”, che sembra calzare a pennello alla voce di Kiske, così come anche il brano successivo, “Strong”, una ballad intensa e coinvolgente. Purtroppo non possiamo dire che tutto l’album si mantenga sulle coordinate dei primi brani e, in più occasioni, affiora la sensazione di avere a che fare con episodi un po’ manieristi, che funzionano più per la professionalità della squadra in campo che per l’effettiva qualità delle composizioni. Lo stesso Kiske, che resta pure un gigante nel suo campo, non sembra sempre al massimo della forma, non tanto a livello vocale, dove non ha un cedimento, quanto da un punto di vista interpretativo, limitandosi a volte a svolgere il proverbiale compitino. Questo, comunque, non inficia la qualità generale dell’album, che resta comunque un lavoro dignitosissimo e consigliato agli amanti delle sonorità AOR ma non solo, visto l’approccio comunque più energico e meno ‘zuccheroso’ che in passato.