7.0
- Band: DRAWN AND QUARTERED , PLAGUE BEARER
- Durata: 00:38:13
- Disponibile dal: 03/03/2023
- Etichetta:
- Nameless Grave Records
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Alle orecchie di chi ha sempre seguito la parabola infernale dei Drawn and Quartered, tra i più sottovalutati e longevi discepoli del verbo Incantation/Immolation ormai diffusosi a macchia d’olio nell’underground contemporaneo, il monicker Plague Bearer non suonerà esattamente nuovo. Il gruppo è da considerarsi infatti la primissima incarnazione degli autori dei vari “Hail Infernal Darkness” e “The One Who Lurks”, e dopo essere stato accantonato nel ’94 per consentire la nascita dei ‘fratellini’ e riesumato qualche anno più tardi – senza però andare oltre la pubblicazione di qualche EP, demo e compilation – arriva oggi all’insperato traguardo del debut album sotto il sobrio titolo di “Summoning Apocalyptic Devastation”.
Un disco che – bisogna dirlo – si limita a presentare in versione ri-registrata alcuni dei brani contenuti nelle suddette uscite minori, ma che non per questo perde per strada il proprio fascino e i propri motivi di interesse, trattandosi di materiale mai diffuso su ‘larga scala’ e forte di alcune qualità non trascurabili dai fan degli estremismi sonori più marci e disadorni. Parliamo di una proposta in cui l’influsso delle band di John McEntee e Ross Dolan è giocoforza presente, ma che a differenza delle colate laviche dei Drawn and Quartered non paga esclusivamente pegno a questi pesi massimi, regredendo in un ibrido bestiale nel quale i tratti di gente come Profanatica, Demoncy e Blasphemy sono distinguibili di primo acchito e dove soluzioni di marca black/death/thrash convergono in un assalto primordiale che non lascia spazio a dubbi sugli intenti della tracklist.
Manna dal cielo per chi è solito fare incetta di uscite targate Iron Bonehead o Nuclear War Now!, la cui indole truce e vecchio stampo è fortunatamente sostenuta da un songwriting che, dall’opener “Unholy Black Satanic War Metal” alla conclusiva “Christbane”, cerca di tenersi a debita distanza dalla macelleria fine a se stessa per sottolineare una vaga orecchiabilità di fondo; un incedere ritmato e pimpante, a sua volta scandito da motivi melodici piuttosto accentuati per il genere (in “Churches Are in Flame” sembra di sentire i primi Satyricon), che dimostra come anche in questi panni più volgari e scarni la coppia Herb Burke/Kelly Kuciemba sappia mettere sempre a frutto la sua esperienza e il suo amore per il metal di una volta (estremo e non).
Così, anche se non tutti gli episodi finiscono per essere irresistibili, nel complesso “Summoning…” si lascia ascoltare con piacere, strappando un ghigno di approvazione per il modo in cui i quaranta minuti dell’ascolto rievocano genuinamente lo stile e le atmosfere del più barbaro underground americano di inizio anni Novanta. Niente male come operazione di recupero.