6.5
- Band: POISON HEADACHE
- Durata: 00:31:00
- Disponibile dal: 06/03/2016
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Pur essendosi recentemente dedicato a sonorità un po’ più “radiofoniche” con i Wovenwar, Phil Sgrosso, ex chitarrista degli As I Lay Dying, non deve avere perso interesse in forme musicali più aggressive. Non a caso, oggi lo vediamo esordire con questi Poison Headache, progetto fondato con un paio di amici di infanzia – il chitarrista/cantante Andy Kukta e il batterista Kyle Rosa – un tempo facenti parte degli Internal Affairs. La proposta dei ragazzi è decisamente lontana da quella dei Wovenwar, ma si potrebbe dire altrettanto prendendo come punto di riferimento la precedente band di Sgrosso: questo omonimo debutto dei Poison Headache non ha infatti niente a che vedere con il melodic metal-core degli As I Lay Dying. Il trio è evidentemente attratto da suoni ruvidi e slabbrati e non sembra intenzionato a scendere a compromessi. Stilisticamente, siamo dalle parti di quel crust hardcore/metal salito alla ribalta negli ultimi anni: se avete presente l’operato di Trap Them, All Pigs Must Die e primi Black Breath – oltre ovviamente a “Wolverine Blues” degli Entombed – avrete certamente capito dove il gruppo voglia andare a parare. In effetti, ad eccezione di qualche parentesi più cupa e sibillina (“Benumbed” e l’incipit arpeggiato di “Discloser”, ad esempio), “Poison Headache” risulta a tutti gli effetti un disco votato alla frangia più classica di questo particolare filone. Vengono soprattutto alla mente gli All Pigs Must Die dell’esordio durante l’ascolto, privi magari di quei motivi slayeriani che facevano capolino in alcuni dei loro primi pezzi. La band californiana si concentra su trame stentoree e su strutture semplici, sorrette da ritmiche d-beat e scorribande in doppia cassa, partorendo una serie di tracce tanto brevi e irruenti, quanto simili fra loro. Non volendo riporre chissà quale cura nel riffing, i ragazzi confezionano una prova-lampo da ascoltare tutto d’un fiato, ma che alla lunga finisce inevitabilmente per sapere un po’ di già sentito. D’altra parte, questo sound ha spopolato nell’ultimo lustro e i Poison Headache non sembrano intenzionati a volere aggiungere qualcosa di nuovo a quanto fatto dai nomi citati qualche riga più su. Il loro primo full-length si dimostra ben concepito a livello formale e tutto sommato gradevole, ma va anche sottolineato come uno dei primi effetti che esso riesca a sortire sia quello di invogliare a riprendere i dischi dei “maestri” per un ripasso. Ci aspettiamo qualcosa di più ragionato al prossimo appuntamento.