8.0
- Band: POLARIS
- Durata: 00:41:40
- Disponibile dal: 21/02/2020
- Etichetta:
- Sharp Tone Records
- Distributore: Warner Bros
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Il quintetto della terra dei canguri, con appena un album, è riuscito a prendere il sopravvento all’interno della sempre affollata scena post-hardcore locale, ottenendo un successo strepitoso in termini di pubblico e critica, con una nomination agli ARIA Music Awards come Best Rock Act, e una sfilza di tour sold-out in patria e in giro per il mondo, inclusa una partecipazione al Download Festival 2019 in Australia.
Insomma, i Nostri hanno fatto tanto parlare di sé in poco tempo, ed oggi, al cospetto del secondo album, che come diceva il buon Caparezza “è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, è lecito chiedersi se tanto hype verrà bissato. E la risposta che ci sentiamo di darvi è ‘decisamente sì’, in formula piuttosto sintetica. In maniera più esaustiva, siamo al cospetto una piccola gemma di core contemporaneo, che prende ciò che di buono è stato proposto nel debut “”The Mortal Coil” e declinandolo in maniera più matura e personale, andando a mescolare una miriade di stili ed influenze diverse, passando dal post-hardcore a stelle e strisce al metalcore più ortodosso, intervallando guizzi post rock ed esplorazioni prog. Sulla carta ciò che vi abbiamo descritto sembra un miscuglio confusionario, ma la realtà è ben diversa, poichè tutto funziona come un orologio svizzero. Tralasciando la opener “Pray For Rain”, pezzo di post hardcore piuttosto canonico, già il trittico successivo spazza ogni dubbio sulle reali qualità del quintetto di Sydney. “Hypermania” ci mostra una band che ama pestare duro, avendo imparato a menadito la lezione di band quali Everytime I Die, andando a creare riff freschi ed ispirati, “Masochist”, più misurata nel suo incedere, cerca di trovare forza nella propria immediatezza, facendo perno sul ritornello a presa rapida, mentre con la successiva “Landmine” entriamo in territori pericolosamente ferini, dato che i Nostri ci colpiscono dritti con una fucilata in mezzo agli occhi, orchestrando un pezzo che combina sapientemente gli arpeggi di di un certo tipo di NWOAHM con l’urgenza dell’hardcore più sudato. Ma non finisce qui, perché con “Vagabond” la festa continua, grazie ad un groove sempre presente ma stavolta più arioso e ficcante, con accelerazioni e gang vocals sparse in punti nevralgici che bilanciano molto bene l’orecchiabilità del chorus, mentre con “Creature Of Habit” torniamo su lidi più cazzuti, con una sfuriata a tutto metallo, senza compromessi. Il resto della tracklist non delude, andando a toccare in certi frangenti territori più easy, ma mantenendo sempre un occhio di riguardo per l’architettura delle parti strumentali, sempre ricche e ben progettate (“Above my Head”). Con “Martyr” i Nostri cercano di cerca di esplorare il proprio lato più emozionale, tessendo un piacevole midtempo dal taglio più mordo rispetto al resto del platter. “All Of This Fleeting” ci porta tra le lande battute dai primi Architects, mentre la conclusiva “The Descent”, nonché pezzo più lungo del lotto con oltre cinque giri d’orologio, si rivela una summa di quanto mostrato su questo disco, creando una sentita suite di metal moderno.
Esame superato a pieni voti per la compagine australiana, che è riuscita a sfornare un disco moderno, variegato ed assolutamente ben scritto, candidandosi di diritto a diventare una delle nuove sensation degli anni ’20 di questo secolo.