6.0
- Band: POP EVIL
- Durata: 00:43:30
- Disponibile dal: 16/02/2018
- Etichetta:
- eOne Music
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Nel calcio, come nella musica, c’è chi nasce con un talento naturale e chi invece, pur dotato di mezzi inferiori, si conquista le luci della ribalta grazie al sudore di tutti i giorni. A questa seconda categoria appartengono i Pop Evil, formazione giunta quest’anno al decimo anniversario dall’esordio discografico, periodo accompagnato da una lenta ma costante crescita nell’affollatissimo panorama hard rock a stelle e strisce, con buoni riscontri anche nel vecchio continente. Per l’occasione, il quintetto del Michigan sceglie la strada del self-titled, scelta che in genere sottintende un’identità definitiva, e che nel caso specifico si accompagna al disco più variegato della loro carriera. Coerentemente con il leone rappresentato in copertina, il ruggito inziale affidato al trittico posto in apertura (“Waking Lions”, “Colors Bleed” e “Ex Machina”) denota una ferocia a tratti inedita e carica di groove al limite del nu metal (merito della nuova batterista Hayley Cramer?), anche se il crossover in stile RATM di “Art Of War” appare un esperimento riuscito solo a metà. Sfogata la rabbia nei primi quattro pezzi, a partire da “Be Legendary” (un’innocua marcetta in stile Nickelback) i ritmi rallentano notevolmente verso un innocuo radio rock, consegnandoci un lato B decisamente più anonimo: tra pallide imitazioni degli Imagine Dragons (“A Crime To Remember”, “When We Were Young”) e rimandi ai Pearl Jam più svogliati (“God’s Dam”), si salvano solo la più articolata “Nothing But Thieves” e la conclusiva ballad “Rewind”. Nonostante la partenza sparata, il quinto lavoro dei Pop Evil si perde dunque sulla distanza, cedendo il passo all’airplay radiofonico più anonimo, senza quel mordente che ci aveva fatto apprezzare “Up”. Come nel gioco dell’oca, un passo avanti e due indietro: vista quanto fatto intuire nei primi tre pezzi, un vero peccato.