PORCUPINE TREE – Closure / Continuation

Pubblicato il 06/07/2022 da
voto
6.5
  • Band: PORCUPINE TREE
  • Durata: 00:48:02
  • Disponibile dal: 24/06/2022
  • Etichetta:
  • Music For Nations
  • Sony

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I Porcupine Tree mancano dalle scene da tredici anni, da quel “The Incident”, pubblicato nel 2009 e ritenuto da molti non esattamente un capolavoro, al contrario di “Fear Of A Blank Planet”, uscito due anni prima e considerato l’ultimo grande album della band inglese, perlomeno da chi ha apprezzato anche la loro seconda parte di carriera. Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti: il bassista Colin Edwin ha lasciato la baracca e non è stato sostituito, la notorietà di Steven Wilson come solista è cresciuta e i suoi dischi si sono avvicinati molto al synthpop ed all’elettronica (soprattutto il recente “Future Bites”), così come quelli usciti a nome Richard Barbieri, mentre Gavin Harrison è entrato a far parte dei The Pineapple Thief ed ha portato avanti i suoi impegni con i King Crimson. Questa premessa per capire come un nuovo disco dei Porcupine Tree fosse abbastanza inaspettato, nonostante la formazione britannica non si sia mai ufficialmente sciolta e sia ancora considerata dagli appassionati come uno dei gruppi prog più importanti della scena. L’attesa era quindi spasmodica e la curiosità di vedere come questi lunghi anni avessero cambiato i tre musicisti rimasti in formazione pure: sarà, per questo motivo, una sorpresa constatare come “Closure/Continuation” non contenga assolutamente nessuna novità e si limiti a riproporre tutto ciò che finora è stato Porcupine Tree (anche qui, quelli della seconda parte della carriera), senza particolari guizzi e, per essere più chiari, non riparta da dove la band aveva lasciato, ma recuperi idee già sentite in album precedenti. Il materiale che compone l’album, a quanto sembra, non è stato composto per l’occasione, ma nell’arco di diversi anni, e ciò si sente eccome, poiché nell’ascolto si nota una certa discontinuità: “Of The New Day” e “Dignity” sono semi-ballate nello stile della band ma che non raggiungono l’intensità di una “Trains” e, mentre la prima appare piuttosto scialba e fuori fuoco, la seconda, con la sua chitarra acustica ed il suo andamento delicato, è uno degli episodi più riusciti; i riff di apertura di “Rats Return” richiamano le atmosfere più aggressive del già citato “Fear Of A Blank Planet” o addirittura il progressive metal degli Opeth, gruppo con cui Wilson ha condiviso esperienze musicali piuttosto importanti, ma nella sua interezza il pezzo non convince del tutto; “Chimera’s Wreck” è l’episodio più spiccatamente e tradizionalmente prog, con riferimenti quali Jethro Tull e Genesis;”Herd Culling” sembra far tesoro del lavoro solista del cantante britannico ed è l’unico brano in cui fa capolino un bagliore di quello spirito avanguardistico che dovrebbe contraddistinguere un’opera di maestri della loro fama. Curiosa la scelta di inserire solo in qualità di bonus track un brano come “Never Have”, in equilibrio tra gli ultimi Anathema e le delicatezze pop dei Blackfield, risultando uno degli episodi più convincenti. In generale, l’impressione è che il fatto di lavorare su pezzi già abbozzati non abbia favorito la creatività, e che magari il prossimo passo, se ci sarà, ci potrà dire qualcosa in più; certo, l’ambiguità del titolo ed alcune dichiarazioni dello stesso Wilson, che candidamente ammette di essere interessato maggiormente alla sua carriera che al prosieguo del gruppo, non lasciano grandi speranze per il futuro, ma da fuoriclasse come loro ci si può aspettare di tutto.
Ci si chiederà: lo stesso album, senza quel moniker sulla copertina, avrebbe ottenuto un giudizio meno severo? Probabilmente sì, perché si tratta di un lavoro ben scritto, elegante e con un’ottima produzione, ma da un gruppo di questa levatura, in una posizione tale ormai da poter fare ciò che vuole, è lecito attendersi ben altro.

TRACKLIST

  1. Harridan
  2. Of The New Day
  3. Rats Return
  4. Dignity
  5. Herd Culling
  6. Walk The Plank
  7. Chimera's Wreck
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