7.5
- Band: PORCUPINE TREE
- Durata: 01:15:48
- Disponibile dal: 25/09/2009
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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La maggior parte della gente comune, se imbottigliata nel traffico causato da un incidente stradale impreca, si rassegna ad ascoltare l’autoradio, telefona o al massimo ne approfitta per fumarsi una sigaretta. Ma Steven Wilson, ormai lo sappiamo, è un personaggio particolare e da una simile esperienza ha tratto le basi per il nuovo disco dei suoi Porcupine Tree. Ovviamente stiamo parlando della genesi lirica e concettuale del nuovo album, composto per l’appunto da due dischi separati, il primo costituito da una sorta di unica grande canzone divisa in quattordici tracce ed il secondo caratterizzato da quattro brani slegati dal contesto precedente e per questo inseriti in un disco a parte. “The Incident” va considerato in maniera completamente diversa rispetto alle precedenti pubblicazioni della band anglosassone, le canzoni sono strettamente connesse fra loro e richiedono un ascolto attento e continuo per liberare la moltitudine di sensazioni e particolari racchiusi in esse, ma soprattutto richiedono una mente sgombra da inconsistenti paragoni con le release passate. Possiamo semmai parlare di una produzione chiusa e oscura in linea con quella del precedente “Fear Of A Blank Planet” e di un sound globale che, oltre alle nuove incursioni heavy presenti già nel disco precedente, eleva a protagonisti chitarre acustiche e sonorità rock allineandosi in questo senso al capitolo solista di Wilson “Insurgentes”. “The Incident” ci regala una serie di canzoni dall’animo indipendente tra cui spicca l’omonima titletrack, stupefacente nel contrasto tra le soffocanti sonorità noise della prima parte e l’ariosa apertura melodica nel finale, o la nostalgica “Time Flies”, caratterizzata per la verità da continui cambi d’atmosfera. Sono inoltre presenti svariati intermezzi dal minutaggio ridotto che presi singolarmente non dicono granché, ma inseriti nel concept acquistano rilevanza fungendo da collante con le altre canzoni. Le note intimiste di “Kneel And Disconnect” o “The Séance”, che riprende le bellissime melodie della precedente “Octane Twisted”, sono l’esempio di piccole perle valorizzabili solo se inserite nel complesso ingranaggio del disco. Il decimo sigillo in studio dei Porcupine Tree richiede devozione per essere apprezzato, al suo interno troverete tutte le caratteristiche che hanno reso grande la band londinese negli ultimi anni: dalle melodie ariose, agli stacchi soffocanti, dalle parti minimali alle ripartenze heavy, passando in rassegna un’infinita gamma di emozioni e contrasti. Qualche momento poco ispirato che rende meno fluido l’ascolto si riscontra nell’introduzione “Occam’s Razor” e nella speculare “Degree Zero Of Liberty”, ma nel complesso possiamo parlare di un lavoro ispirato, contrassegnato da una cura maniacale dei particolari come da tradizione Porcupine. L’aggiunta dei quattro pezzi presenti nel bonus CD, tra cui segnaliamo “Remember Me Lover” e “Black Dahlia” (quest’ultima composta dal tastierista Richard Barbieri), non influisce sulle sorti di un disco che brilla soprattutto nei 55 minuti della titletrack.