8.0
- Band: PORTAL
- Durata: 00:40:42
- Disponibile dal: 28/03/2011
- Etichetta:
- Invictus Productions
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Ci abbiamo messo tempo e fatica per entrare nell’ottica atta a comprendere ed apprezzare “Swarth”, ultima fatica degli australiani Portal. L’ascolto dell’album è faticoso, a tratti estenuante: l’oscurità che lo pervade è totale, la violenza sviluppata dai musicisti pare non seguire un senso logico e lo straniamento provocato dal particolare sound dei nostri ha pochi eguali. Innanzitutto partiamo dicendo che l’album in realtà era uscito nel 2009 e quella che ora è nelle nostre mani altri non è se non l’edizione europea a cura della Invictus Productions. Il quintetto di Brisbane propone un death metal contaminato dal noise (talvolta con accenni industrial), ma non dimentica di inserire qua e là delle partiture blackeggianti ed alcune slabbrature sludge che appesantiscono a dismisura il sound già monolitico di “Swarth”. Le ritmiche secchissime sono mutuate piuttosto chiaramente dal noise più abrasivo, peccato che una produzione non buona ne impedisca la corretta fruizione; le chitarre disegnano arabeschi dissonanti che richiamano gli informi dèi lovecraftiani tanto il loro incedere è contorto ed allucinato. Infine la voce di The Curator, fatta di uno screaming profondo e graffiante pare l’unica soluzione possibile per rendere al meglio questo maelstrom sonoro. Tra terrificanti mattonate di noise death quali l’iniziale “Swarth” ed “Illoomorpheme”, echi deformati di Gorguts ed Immolation e spaventose cadute nel baratro dello sludge (emblematica a questo proposito “The Swavy”), i Portal ci impongono la loro visione musicale, figlia di un modus operandi votato alla totale ricerca della via meno semplice per colpire l’ascoltatore. Il grosso del lavoro viene svolto dalle asce di Horror Illogium e di Aphotic, che con i loro riff sbilenchi e le distorsioni a livello undici su di una scala da uno a dieci creano una via estremamente personale per intendere il death. Meraviglioso anche il lavoro di Ignis Fatuum dietro le pelli, capace di passare da partiture velocissime ad altre molto lente con la stessa spudorata efficacia. Perfino il basso, solitamente sacrificato in progetti del genere, trova una propria dignità e con le sue basse frequenze amplifica a dismisura il senso di soffocamento generato dalla band. Come avrete capito, “Swarth” ci ha entusiasmato ed il voto finale non può essere più alto di quello che trovato qui sotto per un semplice motivo: chi scrive si assume la responsabilità di ammettere che probabilmente non è ancora arrivato a possedere completamente gli strumenti di comprensione della musica dei Portal e quindi di valutarla al meglio. Quello che possiamo asserire con sicurezza è che i ragazzi sono una delle creature musicali più inquietanti mai ascoltate a queste latitudini, creatori di una musica che va semplicemente “oltre”, che è avanti anni luce rispetto alla media delle uscite del genere. Ci vorranno mesi, forse anni per valutare la reale portata della band, per ora ci limitiamo a rituffarci nell’ascolto dell’album, sperando di riuscire finalmente a coglierne tutte le sfaccettature. Capolavoro? Forse.