PORTAL – Vexovoid

Pubblicato il 26/02/2013 da
voto
7.5
  • Band: PORTAL
  • Durata: 00:35:03
  • Disponibile dal: 21/02/2013
  • Etichetta:
  • Profound Lore

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I Portal ormai non sono neanche più una sorpresa. Non sono più quella strampalata e bizzarra creatura estrema sbucata dal nulla e le cui gesta sono arrivate fino a noi grazie a quell’inevitabile passaparola che avviene ogni qual volta qualcuno scopre l’ultimo fenomeno da baraccone. No, nulla di tutto ciò. Dieci anni e quattro full-length dopo, i Portal sono, in maniera mai così meritata, ormai divenuti uno standard. Il prototipo ultimo su cui tutto l’avant-metal estremo oggi si basa. Ci sono i Deathspell Omega nel black metal, e i Portal nel death metal – punto, non si scappa, le due colonne di Ercole dell’estremo sono loro. E non senza degli innegabili motivi. Partendo dall’EP “The End Mills” per arrivare fino a questo ultimo “Vexovoid”, la folle band australiana, capitanata dallo squilibrato frontman The Curator, ne ha fatta tanta di strada. Ha esplorato il regno dell’estremo in lungo e in largo senza sosta, senza fermarsi mai di fronte a nulla. Ha raggiunto abissi di estremo indicibili e toccato vette di sperimentazione inimmaginabile. Nulla pareva più sembrare troppo estremo ormai per i Portal, e nessun obiettivo irraggiungibile, e ogni forma di violenza possibile assolutamente a portata di mano. Tutto questo per dieci anni, materializzatisi in tre full-length album uno più bello e delirante dell’altro in cui la band ha mostrato di essere una delle formazioni più sperimentali, eclettiche, uniche e bizzarre mai esistite nel metal estremo. I Portal sono, e probabilmente saranno ormai per sempre, una delle band più originali che l’extreme metal abbia mai visto, e questo status se lo sono guadagnato meritatamente, auto-condannandosi ad un ergastolo underground dal quale ormai non usciranno mai più, schifando ogni restrizione, facendo scempio di ogni regola, e sputando in faccia a qualunque preconcetto sulla decenza musicale. Dopo dieci anni “Vexovoid” rappresenta una sorta di svolta, una sorta di prima eccezione alla regola vista fin’ora nella band. Il nuovo album vede infatti la band australiana interrompere questo folle ciclo di esplorazione e di delirante sperimentazione quasi compulsiva e incontrollata, e vede Horror Illogium, The Curator e compagnia bella fermarsi un attimo a riprender fiato, e a guardarsi indietro per ammirare l’immane scia di distruzione che si sono lasciati alle spalle. A “rilassarsi” sul proprio sound dunque, e realizzare finalmente un disco di assestamento, ovvero tipico, conciso, coeso… “nitido”. La band sembra essere finalmente arrivata ad un punto di soddisfazione con questo disco, di riflessiva autocritica. Ha smesso di spingere sull’acceleratore dell’estremo optando piuttosto per una meno avvincente ma pur sempre necessaria pausa di riflessione. Come fu per “Obzen” dei Meshuggah, dopo due album strazianti sotto il punto di vista della ricerca musicale, anche “Vexovoid” per i Portal appare come il disco della maturità dopo uno stravolgente “Nothining” (“Outre”), e un delirante “Catch 33” (”Swarth”) con cui la band si ferma e si guarda indietro, osservando con umiltà e spirito critico tutto quanto fatto in questi anni, facendo il punto della situazione e realizzando infine un album “classico”, dal feel molto controllato, conciso e stilisticamente votato più alla solidità e alla compattazione della propria formula che ad ulteriore e cieca spinta in avanti sonora. Sono dunque inevitabilmente contenuti in un lavoro da un simile assetto stilistico, tantissimi elementi molto familiari che si rifanno vivi direttamente dal passato della band, come tantissimi elementi dei fasti più recenti di “Swarth”, e altri dell’”era di mezzo” della band, ovvero tratti direttamente da “Outre”. Ogni canzone rimanda a fasi alterne ad altri momenti nella storia della band, senza citarli direttamente ma richiamandoli per evocazione. Paradossalmente dunque “Vexovoid” è il disco meno prevedibile dei Portal. Nell’immensa cacofonia di rumore e deliri death-noise di “Swarth”, nella sua folle e violentissima natura, vi era anche una prevedibilità di fondo. Era caos totale, e dunque ovvio. Era un album “ovviamente impazzito”. Era caos reso nitido da una forma innegabile e lampante. “Vexoivoid” essendo molto più controllato e defilato nella sua follia estrema risulta invece più ambiguo e sfuggente, più difficilmente inquadrabile e meno ovvio dei suoi precedessori. La valutazione dello stesso è stata possibile infatti solo dopo innumerevoli ed estenuanti ascolti, alcuni esaltanti ed altri seguiti da totale disappunto. “Vexovoid” appare, infatti, dai tratti prettamente sonori, un disco molto più basato sui riff, sulle strutture e sulla pura composizione, rispetto ai lavori passati che facevano leva ben più spesso sul rumore, sulla cacofonia sregolata e su un uso della dissonanza completamente scellerato. I riff sono più discernibili (e i fan puritani della band giudicheranno la scelta come una sorta di eresia) le ritmiche molto più intricate e tangibili che in passato (espressione di una sezione ritmica oggi ben più matura), e tutto questo diradare delle nebbie rumoriste imperanti nel sound passato della band ha finalmente permesso a The Curator di balzare in primo piano e mettere in mostra finalmente una delivery vocale surreale e dal fortissimo sentore di maturità artistica. Le sue vocals serpeggiano e strisciano in tutto l’arco del disco come una pestilenza, lo permeano, lo infestano come un cancro. Superato ormai ampiamente il discorso di puro e semplice growl, il vocalist australiano ha ormai affinato un brevetto inimitabile in cui l’uso delle voci gutturali ormai sta a cavallo tra un sussurrato sibilante e strozzato e un rasposo e scorticante gorgoglio di pura pazzia. Le due chitarre di Tempus Fugit e di Horror Illogium hanno ormai saldamente in mano il complessissimo pannello di comando dell’uso della doppia ottocorde, e le controllano ormai in maniera impeccabile, sia nei passaggi più serrati e tecnici che in quelli più astratti e “rumoristi”, optando spesso per un approccio sì più controllato ma anche più tecnico, fermo, sicuro di sé e dunque più “classico”. In definitiva, chi voleva i Portal nuovamente in sella al cavallo della pazzia e ancora una volta lanciati nell’oblio dell’inconoscibile forse con “Vexovoid” rimarrà deluso. Il disco infatti non contiene nulla che tutti i fan della band non abbiano già ampiamente sentito. Chi invece è consapevole del fatto che un disco death metal come “Vexovoid”, pur nella sua riflessiva e autoreferenziale “rilassatezza” se visto nel contesto del mondo de Portal, è pur sempre un disco che il novantanove percento di tutte le band extreme metal passate e presenti neanche si può permettere di sognare lontanamente, non potrà che gioire di piacere nel sentire questa splendida band finalmente giunta alla maturità, realizzare un lavoro che per una volta l’ha consacrata invece di continuare a mitizzarla senza mai capirne il reale senso.

TRACKLIST

  1. Kilter
  2. The Back Wards
  3. Curtain
  4. Plasm
  5. Awryeon
  6. Orbmorphia
  7. Oblotten
4 commenti
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