7.0
- Band: POSSESSIVE
- Durata: 00:33:06
- Disponibile dal: 07/11/2024
- Etichetta:
- Brucia Records
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È un suono che si propaga malefico e strisciante, quello degli statunitensi Possessive, giunti con “Res Ipsa Loquitur” all’appuntamento del debut album dopo essere stati intercettati dalla nostrana Brucia Records, etichetta ormai avvezza a sponsorizzare realtà underground dal taglio disturbato e disturbante.
Il trio, nato da una costola dei black metaller Tempestarii e Lunar Temple, si cimenta infatti in una sorta di oscuro rituale sciamanico che non lascia adito a dubbi sulle sue intenzioni distruttive e sulla sua visione di metal estremo, frutto dell’unione alchemica di varie correnti e riconducibile – per sommi capi – alla scuola misantropica di Primitive Man, Full of Hell e Dragged into Sunlight.
Un flusso denso e nerissimo, in cui black/death, sludge e istanze grind/powerviolence vengono distillati e lasciati scivolare in una tracklist di sei brani per poco più di mezz’ora di musica, anche se di fatto il risultato è una singola suite dallo sviluppo preciso e che invita all’assimilazione continuata, senza interruzioni, per essere goduta appieno.
Dall’incipit simil tribale di “Sun and Moon” alla conclusione rumorista di “Sure Sign of the Nail”, l’impressione è a tutti gli effetti quella che la band voglia compiere un’evocazione nelle impervie foreste della sua terra di origine – l’Idaho – fra ossa di animali, rocce e sottoboschi putrescenti, facendosi poi segnalare per una gestualità in grado di rendere anche le transizioni più repentine (si pensi alla brutale accelerazione di “Renege”) fluide e spontanee.
A conti fatti, è soprattutto dalla cura riposta in questi dettagli concernenti la scrittura (poi estesa alla resa sonora e alla veste grafica) che l’esperienza di questi musicisti emerge con più forza dall’insieme, piuttosto che dalla personalità dei singoli passaggi, i quali – pur contando su riff poderosi e su un’interpretazione al microfono raggelante – non possiedono (ancora) un tratto che li distingua nel calderone blackened sludge contemporaneo.
Appurato quindi che l’autorevolezza e l’espressività di uno “Scorn”, di un “Trumpetic Ecstasy” o di un “Hatred for Mankind” non vengono raggiunte da questo primo full-length dei Possessive, l’esperienza complessiva resta comunque di quelle consigliate, specie se in cerca di un disco organicamente in bilico tra esplosioni scarnificanti e cadenze melmose, tra il mondo metal più nichilista e quello hardcore più allucinato e deforme, e che nel suo approccio ibrido non si dilunghi troppo, mantenendo il tutto entro le soglie di un minutaggio funzionale e digeribile.
Una manata immersa in un’atmosfera ostile e spiritata, che si può dire faccia sperare in un prosieguo di carriera all’altezza dei paragoni scomodati.