7.5
- Band: POSTHUMAN ABOMINATION
- Durata: 00:32:21
- Disponibile dal: 06/05/2022
- Etichetta:
- Comatose Music
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Il passaggio di “Transcending Embodiment”, disco di debutto del progetto Posthuman Abomination, non era certo passato inosservato dalle nostre parti, segnalandosi come un solidissimo esempio di (brutal) death metal concepito ed eseguito con grande entusiasmo. Quattro anni dopo, “Mankind Recall” sembra riprendere il filo del discorso senza sgarri, e configurandosi a sua volta come una temibile prova di forza realizzata dalla formazione lombardo-sarda in questo lavoro. Niente è lasciato al caso anche stavolta, permettendoci di assistere ad un eruzione di violenza e creatività fuori dal normale. Il devastante riffing di Max Santarelli infatti non concede neanche un momento di tregua, districandosi secondo tortuose partiture chitarristiche che macinano velocità differenti senza il minimo segno di difficoltà o cedimento, andando a comporre un ensemble di canzoni dalla capacità dinamica pazzesca e contaminate da una frenesia musicale semplicemente incontenibile. Il grande protagonista del disco però siede dietro le pelli, e corrisponde al nome di Marco Coghe: ascoltare le sue evoluzioni ritmiche, il suo doppio pedale mitragliante, le svariate tipologie di blast beat che usa ed il grande tasso tecnico che lo accompagna incantano ed annientano allo stesso tempo, aggiungendo un carico di violenza sovraumana che certo non stona con le inquietanti tematiche aliene che contornano il progetto. L’ottima resa sonica del full viene infine completata dallo scoppiettante lavoro al basso di Andrea Pillitu e dall’abissale prova vocale di Lorenzo Orrù, meno incline oggi all’uso di voci dal registro alto e medio ma pienamente focalizzato su growling vocals severe e ficcanti. In generale, piace notare come a livello di produzione, i Posthuman Abomination abbiano preferito scostarsi dal brutal trend del momento (leggasi tono del rullante iper-acuto, bassi e chitarre impastati insieme e voce in primo piano), cercando invece di portare avanti una chiarezza ed una pulizia che non fanno altro che rendere ancor più palese la qualità e la pesantezza di questi brani. “Subdermal” e “Abstracted” levano subito la terra sotto i piedi in un caotico exploit di tecnica ed idee, lasciando a “Mankind Recall” il compito di mostrare la bravura del gruppo anche nei momenti più cadenzati. Con “Zeroth” e “Muted” partono invece una serie di deflagranti stop’n’go che troveranno in “Mnesic” il suo momento più alto, grazie ad una canzone dalla struttura più contorta e dalle misure ritmiche meno evidenti. “Null” e “Shutdown” poi tornano con abilità alle impressioni dei primi brani, chiudendo con organica regolarità un percorso dai pochissimi punti deboli. In un genere che rischia oggi di scadere spesso nell’ovvio e nei cliches, i Posthuman Abomination risaltano senza dubbio grazie alla loro esperienza, la loro bravura e la loro originalità, rilasciando con “Mankind Recall” una prova sincera e personale.