7.5
- Band: POSTVORTA
- Durata: 00:72:16
- Disponibile dal: 16/09/2014
- Etichetta:
- Bleeding Light Records
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Prima prova sulla lunga distanza per i ravennati Postvorta, quintetto formato da alcune vecchie conoscenze del circuito post-hardcore/metal nazionale (Nicola Donà dei The End Of Six Thousand Years, Andrea Fioravanti dei Black Sound Empire, ecc.) e responsabile, neanche a farlo apposta, di un impetuoso amalgama sonoro a base di ISIS, Cult Of Luna, Pelican e Russian Circles. Questo genere sforna ormai decine di nuovi gruppi ogni mese – il più delle volte riducibili a semplici epigoni incapaci di aggiungere qualcosa di significativo alla lezione dei maestri – ma i Nostri dimostrano da subito di trovarsi almeno un paio di spanne sopra la media, dando alle stampe un’opera curata, maestosa (dodici brani per oltre settanta minuti di musica, inclusa una cover di “Angel” dei Massive Attack) e genuinamente suggestiva, accompagnamento ideale per le fredde e buie giornate di questo periodo dell’anno. “Beckoning Light We Will Set Ourselves On Fire” si configura quindi come un lungo pellegrinaggio attraverso le regioni più schive dell’animo umano, scandito nel suo incedere sofferto dalle trame di chitarre ora sognanti e placide, ora ruggenti e burrascose, dai battiti palpitanti di una sezione ritmica fluidissima e dal pathos di voci urlate a pieni polmoni, che spesso – quando inserti ambient/elettronici e post-rock prendono il sopravvento – costituiscono l’ultimo baluardo metal in un oceano di atmosfere eteree e soffuse. Enfatizzato dalla produzione limpida e cristallina del guru della console Riccardo Pasini (Ephel Duath, Nero Di Marte, Sunpocrisy e molti altri), “Beckoning…” è un continuo saliscendi di emozioni, come un vecchio diario dal quale scaturiscono struggenti storie di vita, amori spezzati e silenzi, e necessita per forza di cose di attenzione e pazienza per essere compreso fino in fondo. I cinque capitoli della tracklist, ognuno dei quali preceduto da un breve intro strumentale, sono tutti estremamente lunghi e complessi, vere e proprie cattedrali sonore in cui perdersi alla ricerca del più piccolo e raffinato dettaglio: dalla concatenazione di riff tenui e muscolari dell’opener “We Are The Righteous Hell” alle punteggiature di organo di “You Never Did”, passando per le digressioni in salsa melodic hardcore di “Abandonment And Letters Flowing”, l’ascolto non smette mai di stupire, frutto di un songwriting solidissimo che, per quanto dilatato, non incappa mai in tempi morti o sottotono tipici dei debut album. Un esordio vincente su tutta la linea, fatelo vostro il prima possibile.