8.0
- Band: POSTVORTA
- Durata: 01:27:00
- Disponibile dal: 20/02/2020
- Etichetta:
- Sludgelord Records
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Cinque brani, un’ora e mezza di musica. Basterebbero questi numeri per dare un’idea approssimativa della sfrontatezza dei ravennati Postvorta (da un lato) e scremare seduta stante una larghissima fetta di pubblico (dall’altro), per un album – il qui presente “Porrima” – che si prefigura di chiudere la trilogia iniziata nel 2015 dall’ottimo “Ægeria” in un climax dalla portata emotiva enorme e struggente. Una diapositiva che scorre avanti e indietro restituendo ai nostri occhi una lunga carrellata di immagini sbiadite dal tempo, nel segno di una vena sperimentale e progressiva da cui emerge costantemente la voglia di affrancarsi dagli stilemi triti e ritriti di certo ‘post’ metal contemporaneo.
Senza mai rinnegare le loro radici, saldamente ancorate al repertorio di Isis, Cult of Luna e Callisto, i Nostri decidono qui di gettare il cuore oltre l’ostacolo e dare al proprio sound un taglio cinematografico che non intende seguire regole o schemi precisi, in cui un crescendo non va necessariamente a braccetto con una successiva esplosione e dove a prevalere sono arie amare e riflessive che ricordano appunto quelle di una vecchia pellicola neorealista. Musica atmosferica nell’accezione più ampia e propria del termine, pensata, scritta e messa su nastro (esemplare la produzione firmata da Riccardo Pasini e Magnus Lindberg) con l’intento di avvolgere poco a poco l’ascoltatore senza smanie di immediata fruibilità, senza il bisogno di ricorrere a chissà quali effetti speciali per imporsi sulle scene; in effetti, la prima impressione potrebbe essere quella di un disco spoglio, sorretto perlopiù dal vigore dell’apparato ritmico e dal sentimento insito nella performance vocale, eppure… eppure, nascosti sotto la superficie, rifiniti da un lavoro meticoloso in sede di arrangiamento, ecco agitarsi tanti piccoli dettagli che, uniti alla proverbiale visionarietà del sestetto, portano la tracklist a fare il cosiddetto salto di qualità, nell’ottica di un songwriting mai così profondo e drammatico.
Arpeggi sospesi in una quiete carica di rimpianti, continue stratificazioni chitarristiche, un’effettistica tanto sottile quanto decisiva sul risultato finale, persino un contributo di strumenti da fiato… “Porrima” sfida il concetto di accumulo giocandosi benissimo le sue carte e configurandosi come una vera e propria soundtrack per i momenti più luttuosi dell’esistenza, in un fluire di suoni (sludge, post-rock, ambient) che esalta la narrazione e che offre continuamente spunti di lirismo sopraffino. Il già menzionato trombone dell’opener “Epithelium Copia”, lo spiazzante spoken word di “March Dysthymia” e le pennellate melodiche della colossale “Aldehyde Framework” sono solo alcuni degli apici di questa opera-fiume; non un album per tutti, ovviamente, né tanto meno da ascolto in auto o da passeggiata cittadina, ma da cui emergono delle trovate e una personalità che gli appassionati delle forme più dilatate e ‘free’ della nostra musica preferita non dovrebbero sottovalutare.