6.0
- Band: POUNDER
- Durata: 00:40:02
- Disponibile dal: 25/10/2024
- Etichetta:
- Shadow Kingdom Records
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Volendo riassumere in poche parole il nuovo album dei Pounder, potremmo prendere in prestito, scusandoci, uno degli aforismi più famosi di Vujadin Boskov. Ribaltando infatti il concetto, dopo aver ascoltato il qui presente “Thunderforged”, l’unica pensiero che verrebbe da dire è “squadra che non convince, non si cambia“. Se già nell’esordio di cinque anni fa, “Uncivilized”, avevamo alzato la paletta nei confronti della prestazione vocale del capobanda Matt Harvey, lo stesso concetto, pur con qualche remora in meno, era stato ripreso nel successivo “Breaking The World”, rilasciato nel gennaio del 2021. Oggi, a conferma del dettame pseudo-calcistico di cui sopra, ci troviamo nuovamente nella medesima situazione.
“Thunderforged” ricalca bene l’intento di Harvey e compagni nel voler stendere un poderoso tappeto di heavy classico, con tuoni epici (“Metal Eternal”), martellanti episodi speed (“Comin Loose”) e una dose di metallo fuso dalle striature d’oltreoceano, mischiando a dovere Riot, Manowar e Cloven Hoof. Martelli, spade e incudini al servizio del metal fan più verace e genuino, come ben rappresentato dalla tellurica cover.
Di contro, tuttavia, dobbiamo ancora una volta segnalare come la casellina relativa al comparto ‘voce’ ricopra il ruolo di nota dolente dell’intero album. Così poderoso è l’intro di “Sound & Fury”, tanto sbandata è l’entrata in scena dello stesso Harvey: perennemente in bilico tra il tentativo di raggiungere acuti inarrivabili e il fendere scream rochi ma non troppo, è come se ogni volta non riuscisse a trovare il timbro giusto da incollare alle rincorse impartite dal comparto strumentale.
Difficoltà ancor più palesi nei passaggi più lenti e ragionati ed in questo senso, le strofe della stessa “Metal Eternal”, di “Get Pounded” o dell’intera e melodrammatica “Deeper Than Blood”, si manifestano come esempi lampanti e lacunosi, sminuendo e di molto l’hype generale.
La passione vince su ogni cosa, si dice spesso, ma è altresì necessario anche riconoscere alcuni limiti e qui, doveroso ammetterlo, il nostro Harvey sembra essersi incaponito un po’ troppo: cambiare linee vocali andrebbe a snaturare l’impianto dei vari pezzi; trovare un’altra soluzione dietro al microfono potrebbe invece dare il giusto apporto alla carica esplosiva dei Pounder. Staremo a vedere, nel frattempo gustiamoci – a metà – questa terza fatica esplosa dall’irrefrenabile Matt.