6.5
- Band: PRETTY MAIDS
- Durata: 00:45:15
- Disponibile dal: 10/11/2006
- Etichetta:
- Frontiers
- Distributore: Frontiers
Spotify:
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Si comincia a fare fatica a contare tutti gli album sulle spalle dei Pretty Maids, band amatissima da tutti i die-hard fan dell’hard rock d’annata, e che ormai presenta una carriera più che ventennale. “Wake Up To The Real World” è l’ennesimo album, da ormai almeno dieci anni a questa parte, di una band che continua imperterrita a cambiare pelle, pur mantenendosi sempre la stessa, che basa la sua forza sulle sue melodie particolari (e riconoscibilissime, all’interno del genere) eppure così affini agli stilemi classici anni ’80, e sulla voce potente ed il carisma del singer Ronnie Atkins, che dopo tutti questi anni di attività ancora, per nostra fortuna, fatica ad invecchiare. Ma veniamo al dunque, ed alla nuova fatica dei cinque rocker Danesi: “Wake Up To The Real World”, sostanzialmente, è l’ennesimo album che continua a strizzare l’occhio in avanti, ma, forse più degli ultimi “Planet Panic” e “Carpe Diem”, guarda indietro, recuperando sonorità che parevano lasciate troppo in disparte ultimamente. La produzione è al passo coi tempi, mentre è sulla scelta delle canzoni che si tende a guardare indietro: e così, dopo quattro tracce che tentano di innovare positivamente (senza ottenere grandi risultati) il sound della band (tra le quali segnaliamo la discreta “All In The Name Of Love”, che spicca sulle altre), senza però presentare certo picchi di modernità à la “Virtual Brutality” del precedente full-length, ecco giungere ciò che tutti i fan di vecchia data dei Pretty Maids (insieme al sottoscritto!) stavano aspettando. Ben s’intenda, non si vuole con questo certo puntare il dito contro canzoni indicative di un ‘nuovo corso’, ma si sente che i Pretty Maids sono nati per musicare gli anni Ottanta, ed è ciò che gli riesce meglio: si comincia a fare sul serio, dunque, con “Why Die For A Lie”, pezzo dal piglio molto tirato che ci regala quattro minuti intensi e a buon carico emotivo, nel quale si riconosce la band che fu; ancora meglio va con la successiva “Such A Rush” dove, assenza di tastiere a parte, si viene direttamente catapultati all’epoca dell’incredibile “Jump The Gun”. Si continua con le bellissime e sognanti melodie della ballad “Where Beauty Lies”, per tornare a pigiare sull’acceleratore con la successiva “Brave Young Breed”, che, questa volta, innova davvero positivamente, mischiando il classico sound à la Maids con la potenza dei Rage (!!!) dell’ultimo corso, ottenendo un risultato davvero eccellente, per un pezzo che si classifica sicuramente tra i migliori dell’intero album. Si continua, su coordinate rocciose ma più melodiche, con la successiva “Terminal Violence”, per giungere, dopo la buona cover della storica “Perfect Strangers”, alla chiusura affidata a “Another Shot Of Your Love”, che termina, ancora una volta, nel segno degli ultimi anni ’80 un album che supera le ultime prove della band (nonostante i tempi d’oro ormai sembrano irrimediabilmente perduti) ed al quale tutti coloro che hanno amato album come “Future World” e “Jump The Gun” dovrebbero concedere una chance. Bentornati Pretty Maids, ancora una volta!