6.5
- Band: PRIMAL FEAR
- Durata: 01:00:13
- Disponibile dal: 22/05/2009
- Etichetta:
- Frontiers
- Distributore: Frontiers
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Accusati di immobilismo artistico nella prima parte di carriera da qualche anno a questa parte, i Primal Fear hanno saputo aggiungere al proprio sound nuovi ingredienti che, pur non stravolgendo l’indole classic-power di sempre, costituiscono motivo di freschezza compositiva. Archiviati i buoni responsi del precedente “New Religion” e i festeggiamenti dello scorso anno per il decimo anniversario della band, Sinner e soci si presentano all’ottavo capitolo di carriera sulla lunga distanza con la novità di Magnus Karlsson (Starbreaker), per la prima volta alla sei corde (nonostante ci siano state delle apparizioni come guest proprio sul precedente album), in sostituzione del membro storico Stefan Leibing. “16.6” è un disco vario che spazia attraverso le sfumature incorporate dalla band nel corso degli anni; il power metal degli esordi viene richiamato dall’ opener “Riding The Eagle” e dalla frizzante “Under The Radar”, mentre in episodi come la titletrack il quintetto teutonico mostra un riffing più incisivo e graffiante, condito da vocals scolastiche ma altresì efficaci in un’ipotetica sede live. Buoni responsi anche dagli inserti sinfonici dell’oscura “5.0/Torn” e dalle tinte orientali presenti in “Black Rain”. Ralf Scheepers dimostra una padronanza di registi vocali assai più ampia rispetto al passato e l’interpretazione della ballata “No Smoke Without A Fire” ne è la testimonianza, come pure registriamo un utilizzo delle tastiere che aumenta la profondità e l’enfasi delle canzoni sempre più abbondante e meglio amalgamato con il resto degli strumenti. Se l’esperimento della ballata rock “Hands Of Time”, cantata a turno da tutti gli elementi del gruppo, appare riuscito e ben congegnato, non possiamo dire lo stesso per una “Soar” che cerca con scarsi risultati di far coesistere un riffing thrashy, linee vocali piatte e pacchiane ed uno stacco centrale atmosferico suggestivo ma decisamente fuori luogo. Pur non mancando momenti di stanca come “Killbound”, durante i quali i Primal Fear non fanno altro che ricalcare i fasti del passato, “16.6” segue la positiva e promettente scia solcata da “Seven Seals”: i fan gradiranno.