5.0
- Band: PRIMITIVE MAN
- Durata: 01:17:15
- Disponibile dal: 06/10/2017
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Nei quattro anni intercorsi tra il loro esordio e questo secondo full length i Primitive Man hanno tenuto ben sveglio l’interesse nei loro confronti con una pletora di EP e split da fare invidia all’intera scena underground, ma che forse erano riusciti a non mostrare troppo il fianco proprio grazie alla breve durata. Se infatti il precedente “Scorn”, pur collocato senza sorprese nei binari del genere, aveva saputo imporsi come un ottimo lavoro per la sua carica di nichilismo becero e malato, questo “Caustic” ripete senza inventiva e con un eccesso di compiacimento quanto sentito in precedenza; e lascia la sensazione che il combo del Colorado si sia seduto sugli allori, abbandonando quel trono eretto in cima a una pila di letame che, proficuamente, li stimolava. Dove è finita la loro voglia di esplorare i recessi più crudi dell’esistenza e quella pistola puntata alla gola che campeggiava sulla copertina del loro primo album? I nove brani qui presenti, completati con cadenza da cartellino da altre tre tracce votate a puri rumori di vaga pulsione drone (“Caustic”, “Ash” e “The Weight”), sono monoliti sicuramente ben scritti e violenti, ma che suonano tutti uguali e dilatati a dismisura; se la lunghissima “Scorn”, omonima opener del già citato esordio, era funzionale a gettarci addosso lava fusa e annichilirci coi suoi dodici minuti di durata, lasciandoci poi esposti a vere frustate di accanimento nel seguito, in “Caustic” tutto resta “Tepid” e morbidamente “Disfigured”, per citare due dei brani-fiume qui presenti. Resta di positivo, come detto, l’evidente capacità compositiva e i pugni in faccia che, comunque, i Primitive Man riescono a mandare a segno in alcuni pezzi: per esempio nella cadenzata e trascinante “Victim”, che diventa nella seconda parte una fangosa epitome sludge, oppure in “Commerce”, rallentata ai limiti dell’umana sopportazione o in “Sugar Hole”, un pezzo quasi funeral doom in cui l’ugola di ELM raggiunge limiti parossistici. Il resto è mestiere, meno di quanto ci si aspettasse da una band che aveva saputo folgorarci.