6.5
- Band: FULL OF HELL , PRIMITIVE MAN
- Durata: 00:34:28
- Disponibile dal: 03/03/2023
- Etichetta:
- Closed Casket Activities
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Giganti dell’universo post-metal e sludge, ma soprattutto amici di vecchia data, Primitive Man e Full Of Hell uniscono le forze per un album collaborativo che ha l’intento di prendere e fondere il meglio dei rispettivi trademark in una tracklist dalle sonorità sature ed essenziali, sospese tra muri di feedback ed incursioni in scenari più rapidi e ferali.
Il sound sludge/doom pesantissimo, slabbrato e negativo dei Primitive Man è senz’altro la base di una buona fetta dell’opera, ma la tormentata visione sulle sorti dell’umanità ideata dal trio originario del Colorado viene appunto talvolta interrotta e martoriata dalle più intense pulsazioni percussive care alla crew FOH, la quale sembra essere stata convocata con il preciso compito di spezzare il ritmo e di insinuare fulminei scatti di collera nella manovra generale. Il malessere e le profonde crisi esistenziali in chiave sonora architettate dalle due formazioni comprendono quindi anche gli ormai prevedibili slittamenti noise, parentesi ormai puntuali nei lavori di entrambi i protagonisti, per un quadro complessivo che sa di sconforto totale, ma anche di familiarità, dato che, a conti fatti, poco o niente di quanto proposto va oltre una rielaborazione di stilemi conosciuti e già ampiamente assaporati negli ultimi anni. Il disagio tanto invocato dagli statunitensi non si colora insomma di alcuna nuova sfumatura, restando torvo, imperturbabile, ma anche sostanzialmente prevedibile, nonostante qualche indubbio picco. “Tunnels to God”, ad esempio, è una turbolenta nenia in chiave Swans magistralmente concepita e interpretata dalle due band, tuttavia non si può dire che il resto del materiale lasci a bocca aperta. Il mestiere e l’esperienza ovviamente evitano che la tracklist finisca per apparire come una sequela sbilenca di suoni in totale disconnessione da una linea musicale e da un concept coerenti; al tempo stesso, il suddetto sentore di ‘già sentito’ non permette a “Suffocating Hallucination” di decollare davvero o comunque di ergersi al di sopra delle ultime opere delle rispettive formazioni.
Più lo si ascolta e più il disco dà l’idea di essere la registrazione di una di quelle jam, improvvisazioni o ‘commissioned piece’ tanto in voga a un festival come il Roadburn: indubbiamente genuine ed eccitanti sul momento, a maggior ragione per chi presente in loco, ma a ben vedere non sempre così colme di contenuti clamorosi.
