7.0
- Band: PRIMITIVE MAN
- Durata: 00:35:56
- Disponibile dal: 14/08/2020
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Dopo l’uscita del precedente “Caustic” i Primitive Man hanno ridotto la loro straripante produzione, e dopo aver sfornato appena otto brani in tre anni tra split e singoli sembrano aver ritrovato la loro giusta dimensione. “Immersion” conferma fin dal titolo un senso di depravata dedizione alla loro missione primordiale, ossia quella di seppellire l’ascoltatore sotto una lava sonica nichilistica e brutale, senza perdersi in fronzoli, pezzi-fiume o eccessive derive drone, tutti elementi che avevano a nostro avviso affossato il risultato tre anni or sono; qui, dietro una copertina che sembra la revisione (ancora più) malata di “Cleansing” dei Prong si nascondono sei tracce che, in poco più di mezz’ora, portano allo scoperto il male racchiuso in ognuno di noi, rasoiando i timpani senza tregua. Il malsano rituale si apre con un feedback assordante – la cui ripetizione brano dopo brano è forse l’unico elemento di noia, sulla distanza – per poi tramutarsi in una fangosa corsa all’inferno, fatta di ritmi psicoticamente soffocanti su cui l’ugola scartavetrata di ELM toglie ogni illusione di umanità. Presto le chitarre diventano solo un ronzio in stereo, un drone che va oltre la definizione stessa del concetto, guardando più alla rabbia dei Type O Negative di “Slow, Deep And Hard” che agli stilemi dello sludge, per quanto il più estremo immaginabile. Qua e là esplodono larsen squillanti, che non fanno che peggiorare la sensazione di trovarsi in un labirinto mentale senza uscita; in “Entity” servono ben tre minuti perché il brano assuma una dinamica e faccia capolino un gorgoglio vocale, mentre “∞” ripropone le storture a-melodiche e rumoristiche che appesantivano troppo il precedente full length. Diventando invece qui un tentativo di respiro tra due brani lunghissimi e asfissianti: è lo stacco di chi annaspa, che non fa che accrescere la sensazione di sopraffazione. Usciti insomma dal mondo autoreferenziale che si erano costruiti negli anni, i Primitive Man riscoprono nel loro passato la pesantezza dei Conan, l’imprevedibilità dei The Body e la follia psicotica dei Cobalt, ricollocandosi bene all’interno di un genere disturbante e dai connotati talmente sfuggenti che è facile perderne di vista i confini; in cui però ogni tanto abbiamo bisogno di immergerci, come naufraghi attratti da sirene mostruose ma irresistibili.