7.5
- Band: PRIMORDIAL
- Durata: 01:05:33
- Disponibile dal: 30/03/2018
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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I Primordial sono sempre più sinonimo di coerenza artistica ed esistenziale. Una band che ormai da tempo ha trovato un proprio stile e che procede per la sua strada, ostentando sicurezza, classe spesso eccelsa nella composizione e distacco da certi dettami del music business. Anche dopo il successo raggiunto con gli ultimi album rilasciati su Metal Blade Records, l’attitudine degli irlandesi non è cambiata: brani sovente molto lunghi, dischi impegnativi e un’atmosfera e un lirismo inconfondibili, spesso dispiegati come un manto doloroso sulle arie e sui testi delle canzoni. Il cantato enfatico, la drammaticità degli arpeggi e i ritmi decisi ma mai troppo esagitati continuano ad essere i protagonisti di quel particolare epic metal che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare negli ormai venticinque anni di carriera del gruppo: un periodo quasi costantemente sostenuto da un’ispirazione miracolosamente mai scesa sotto il livello di guardia, mantenutasi anche nei periodi più incerti su un livello di profondità tale da consentire sempre ai cinque di pubblicare opere più che dignitose. Non fa eccezione questo “Exile Amongst the Ruins”, lavoro composto da otto brani narranti sia in musica che nei testi quanto subito espresso dal luttuoso titolo. Un album intriso del solito proverbiale pathos, nel quale la formazione capitanata da A.A. Nemtheanga raggiunge spesso livelli espressivi di squisita fattura. Certo, lo stile al quale il quintetto si affida non è più quella prodigiosa novità che caratterizzava pietre miliari come “The Gathering Wilderness” o “To the Nameless Dead”: la stoica aderenza a determinate formule limitano il cosiddetto fattore sorpresa, ma, quando i Nostri azzeccano riff e melodie, siamo sempre nel dominio dell’eccellenza. La superba capacità dei Primordial di intessere i fili delle canzoni in una tela di spiazzante tragicità tutto sommato resiste dunque all’usura del tempo e la ritroviamo intonsa in brani come l’iniziale “Nail Their Tongues” – perfetta summa del repertorio degli irlandesi, forte anche di opportune intarsiature extreme metal – o come “Where Lie The Gods”, lungo episodio in grado di coniugare cambi di tempo azzeccati e grande impatto poetico. Più snello il singolo “To Hell or the Hangman”, che nell’andatura sembra addirittura recuperare stilemi afferenti a certo post punk, con risultati tanto insoliti quanto accattivanti, mentre l’altro singolo “Stolen Years” si configura in una flebile ballata capace di assurgere a piani di malinconia degni degli amici Solstafir. In queste due tracce, i Primordial provano effettivamente ad addentrarsi in territori parzialmente inesplorati, per poi sbucare in una dimensione dove la pietà e la ferocia sembrano lottare senza tregua. Tentativi di mantenere un minimo aggiornato il proprio linguaggio espressivo che vanno a buon fine, ma che non compromettono affatto la tipica maestosità della formazione. Del resto, per gran parte della sua durata, “Exile…” è, come accennato, un album che guarda fieramente al passato e allo status dei Primordial, cercando spesso e volentieri di mantenere intatto uno stile che il gruppo ha contribuito a sviluppare e codificare negli anni. Sono probabilmente uscite opere più autorevoli sotto questo nome, ma chi ha sempre seguito la band difficilmente resterà amaramente deluso davanti a questo nuovo lotto di composizioni.