PRIMORDIAL – Imrama

Pubblicato il 02/12/2020 da
voto
8.0
  • Band: PRIMORDIAL
  • Durata: 00:46:04
  • Disponibile dal: 20/09/1995
  • Etichetta:
  • Cacophonous Records

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Alcuni viaggi nascono solo nella mente dei viaggiatori e rimangono immoti e statici nella fantasia di chi li sogna, altri durano una vita intera ed attraversano meridiani inesplorati. Quello dei Primordial comincia in sordina, nell’autunno dorato del 1995, con la Cacophonous Records come unico armatore ed un mare, quello della musica metal, sconvolto dall’esplosione di vere e proprie cannonate in grado di rivoltare nelle viscere l’intera scena estrema, come ad esempio “Slaughter Of The Soul” degli At The Gates, “Storm Of The Light’s Bane” (Dissection), insieme con i Paradise Lost di “Draconian Times” e i Dark Tranquillity di “The Gallery” (giusto per citarne alcuni).
Imrama‘: così è chiamata una tipologia letteraria medievale, particolarmente florida nel territorio angloirlandese, narrante i viaggi – più mistici che reali – di monaci e laici attraverso isole fantastiche e mondi sconosciuti, nel perenne tentativo di espiare i propri peccati e vincere le insidie del diavolo. Abrasa l’aura religiosa con una massiccia dose di appeal celtico paganeggiante (ancora ben lontano da derive pacchiane), Alan Averill (nascosto allora dietro lo pseudonimo di Naihmass Nemtheanga) e compagni, novelli San Brandano, coniugano le suggestioni intrise di umori boschivi, magia e bestialità del folklore irlandese (“Beneath The Bronze Sky” ed il suo flauto cantilenante ne sono l’esempio perfetto) con le asperrime folgorazioni del black metal; un esperimento – quello della commistione tra musica tradizionale ed estrema – già testato in precedenza (solo qualche mese prima dagli Ulver con “Bergtatt”, e completato dagli stessi nei due album successivi), ma che qui per la prima volta riflette una nuova sfumatura di luce, destinata a brillare potentissima negli anni a venire.
Quarantasei minuti in cui il black metal, quello del tremolo picking, la produzione raw, le tastiere lontane (“To the Ends of the Earth”) e lo screaming più raschiante incontra gli arpeggi dolci delle melodie della terra dei Picti, il suono ovattato ma cupo del bodhrán e gli intermezzi in spoken word gaelico (“Fuil Arsa”), creando scenari che rimandano, per solennità ed epicità, ai migliori Bathory. Dentro ci sono i germogli dei Primordial che saranno, quelli di capolavori come “The Gathering Wilderness” e “To The Nameless Dead”, insieme all’eredità dei musicisti che ciascuno dei quattro membri ha ascoltato, adorato, fatto propria; la sintesi perfetta di un passato (storico e non) e di un futuro in perenne ascesa, concentrati in un presente grezzo come le migliori gemme. In questo primo lavoro sono già presenti il suono argentino e lamentoso delle chitarre di Ciáran Mac Uiliam ed i toni crepuscolari, ora rallentati ed ora martellanti, in grado di dipingere scenari foschi e polverosi, come ad esempio in “The Darkest Flame”, dove la sezione ritmica di Pól ‘Paul’ Mac Amlaigh e D. Mac Amhlaidh passa dai rintocchi cupi alle scudisciate più abrasive senza mai stridere, facendoci intravedere squarci di bellicosa riottosità che diventeranno in futuro cruciali. Ciascuno dei dieci pezzi, dalla bellissima e dolente doppietta “Infernal Summer”/”Here I Am King” passando per le rasoiate di “The Flame…”, forgia a modo proprio un modo tutto originale di suonare metal: nerissimo, velenoso, ma insieme pagano, sepolcrale, magico, in cui le dissonanze ed i ritmi si adeguano alla verve compositiva dei musicisti. La produzione verrà ripulita dalle ristampe successive, l’esperienza sui palchi di mezzo mondo forgerà le ossa dei Primordial fino a renderli capaci di scrivere album sempre più complessi e magniloquenti senza mai sbagliare (e senza quasi mai cambiare formazione), ma è in questo primo, impetuoso assalto (possiamo non citarvi “Let The Sun Set On Life Forever”, in tutto il suo tragico splendore, come punta di diamante dell’opera?) che scorgiamo già la bontà d’intenti – e di risultati – degli irlandesi.
Così come ci tramandano i monaci insulari, dalle peregrinazioni in territori incogniti si torna cambiati, o non si torna affatto; vi invitiamo perciò ad attraversare il cromlech in copertina ed entrare in una dimensione altra, per riscoprire questo piccolo, acerbo gioiellino in grado di farvi perdere attraverso i panorami di una indomita, sinistra Irlanda.

TRACKLIST

  1. Fuil Ársa
  2. Infernal Summer
  3. Here I Am King
  4. The Darkest Flame
  5. The Fires...
  6. Mealltach
  7. Let the Sun Set on Life Forever
  8. To the Ends of the Earth
  9. Beneath a Bronze Sky
  10. Awaiting the Dawn...
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