7.0
- Band: PRO-PAIN
- Durata: 00:36:47
- Disponibile dal: 25/11/2013
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Stare dietro alle pubblicazioni di una band come i Pro-Pain non è certo facile. Sono infatti numerose le uscite discografiche che la band ha proposto negli oltre venti anni di carriera, un fattore che ha inevitabilmente fatto mollare la presa a molti supporter, compromettendo in maniera del tutto superficiale la credibilità di una formazione che ha la sola colpa di essere prolifica come poche altre in circolazione. “The Final Revolution” è un lavoro indirizzato proprio a quei pochi che la presa non l’hanno mai mollata, ripagandoli con una mezz’ora abbondante di musica forte e dal tiro micidiale, il muscoloso ritorno dell’hardcore senza tempo di stampo newyorkese. Cominciamo col dire che l’impressione generale è che si tratti di un album più snello e diretto dei suoi recenti predecessori, sicuramente molto più determinato. L’impronta data al sound è sempre la medesima, figlia dell’elementare matrimonio tra il post-thrash di sepulturiana memoria con le indissolubili leggi dell’omonimo capoluogo americano, ma l’approccio, il modo di proporsi animalesco, quasi disperato, non potranno fare altro che suscitare esplosioni di entusiasmo tra le frange di ascoltatori più oltranzisti. Una manciata di tracce monolitiche, che si alternano tra semplici attacchi frontali a partiture più stratificate, sempre alla ricerca di quei binari dove andare a coincidersi con il refrain catchy dall’immediatezza imbarazzante. Gary Meskil, con la sua voce possente, è il solito gran mattatore e trascinatore della baracca, sempre efficace nel dispensare coerenza e testi schietti, qui affiancato da una coppia chitarristica dal taglio moderno e dall’importante sezione ritmica ad opera di un iper-compatto Jonas Sanders. La breve durata della tracklist esalta come sempre le qualità dei singoli episodi e aiuta nel trarre maggiore beneficio da strutture che altrimenti risulterebbero molto simili le une alle altre. Brani “bastardi” e concisi come “Deathwish”, “Problem Reaction Solution” e “Under The Gun” sono delle bombe, il manifesto di un lavoro che non passerà certo alla storia della musica contemporanea ma, in quanto a impatto e potenza espressa, ha veramente pochi simili da dover invidiare.