7.5
- Band: PROFANITY
- Durata: 00:40:34
- Disponibile dal: 04/12/2020
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Non si può certo dire che ai Profanity piaccia ricevere molte attenzioni, o inflazionare il mercato di uscite riportanti il loro nome. In poco meno di trent’anni di carriera i Nostri hanno rilasciato appena quattro full-length (incluso il qui presente “Fragments of Solace”), senza effettivamente mettere in mostra chissà quale personalità o voglia di emergere dal circuito underground, eppure la loro dedizione alla causa death metal è ancora oggi citata dai più attenti seguaci del filone, venendo puntualmente accompagnata da riflessioni sul lento ma progressivo affinamento stilistico che si accompagna alle varie release.
Un percorso di crescita e determinazione a migliorarsi che, in questo tribolato mese di dicembre, porta il terzetto bavarese a compiere il ‘salto’ più coraggioso della sua carriera e ad introdurre nel proprio sound una serie di varianti dal respiro epico e solenne, le quali conferiscono al quadro complessivo delle sfumature perfettamente in linea con quelle dell’artwork di copertina. Ecco quindi che il death metal del gruppo – tecnico, brutale e arzigogolato, nel pieno rispetto della vecchia tradizione Unique Leader – si irradia di armonia e melodie cangianti, incanalandosi in brani spesso impostati come delle mini-suite (“Reckless Souls” e “Where Forever Starts” arrivano persino a sfiorare i dieci minuti!) per un mix davvero gratificante di potenza e raffinatezza.
Ancora una volta, i riferimenti ai cosiddetti ‘big’ si sprecano, con strizzate d’occhio più o meno palesi a gente come Anata, Decrepit Birth del periodo “Diminishing Between Worlds” (non è un caso che Matt Sotelo figuri come ospite), Spawn of Possession e ultimi Deeds of Flesh, tuttavia, mai come in questo momento, tale dettaglio passa in secondo piano una volta presi in considerazione il trasporto e la qualità della scrittura. La tracklist segue dal primo all’ultimo istante un moto elastico, ricchissimo di cambi di tempo e atmosfera, ma vuoi per le suddette melodie, vuoi per la meticolosità con cui ogni sezione risulta essere incastrata alla successiva, non mostra (quasi) mai il fianco ad eccessi o virtuosismi tanto stupefacenti quanto inutili.
In definitiva, alla luce di quanto detto, è difficile non considerare “Fragments…” come l’opera più ingegnosa e completa partorita da Thomas Sartor e compagni, oltre che come uno degli highlight techno-death dell’anno. A tutti i grandi appassionati del genere, buon ascolto.