7.5
- Band: PROGRESS OF INHUMANITY
- Durata: 00:30:00
- Disponibile dal: //2011
- Etichetta:
- The Spew Records
Nella primavera 2010, tramite MySpace, chi scrive aveva mandato un messaggio alla brutal death metal band greca (che personalmente adora e consiglia a chiunque stia leggendo!) Vulnus, per saperne qualcosa di più circa l’uscita del loro ful-length, annunciato, ormai, da un paio d’anni. Per l’occasione, aveva risposto il batterista Nick, dicendo che, al momento, era impegnato con un nuovo progetto grindcore che presto avrebbe iniziato a promuovere i suoi pezzi. A distanza di molti mesi, promessa mantenuta, perchè, “dal nulla”, ecco arrivati i Progress of Inhumanity. E, dannazione, consentitemelo: che figata! Il trio greco sprigiona, col suo album d’esordio sotto l’italiana The Spew, “Escalating Decay”, quanto qualunque aficionado del grind più “duro e puro” desidera ascoltare, in venti tracce dense di rabbia e violenza. I punti di riferimenti dei nostri, in un periodo in cui certo grind ama contaminarsi d’elementi più metalleggianti e/o sperimentali, sono prettamente old school: i loro ingredienti paiono prendere spunto da album fondamentali dei Napalm Death e dei Terrorizer come “Harmony Corruption” e l’immenso ed indimenticato “World Downfall”. Insomma, come se gli ultimi vent’anni di musica estrema fossero passati inutilmente, senza nemmeno sfiorare le orecchie dei nostri tre greci… e, a dirla tutta, è un bene, visto l’ottimo risultato raggiunto, complessivamente! Nel CD in questione, i richiami all’old school sono palesi, dalla copertina e dallo scarno booklet in bianco e nero con pochissimi cenni di colore, alle tematiche trattate (insulti ai peggiori cliché che la società odierna ci propina, dal degradante rapporto fra le persone, alla politica internazionale, a presunte culture musicali importanti solo per il marketing), fino, ovviamente, alla musica. Attenzione, però: non è un album per nostalgici o per oltranzisti d’ultim’ora dei suoni dei “bei tempi andati” (anche se, senza dubbio, riscuoterà non pochi consensi anche da questo tipo di pubblico); non c’è un approccio arrogante e forzatamente “true”, per entrare a spintonate in un filone che possa garantire una certa fama e successo. Predomina, infatti, la spontaneità, quel tipo d’aggressività ed approccio alla canzone che fa sì che, ancora oggi, band come i sopraccitati Napalm Death e Terrorizer riescano a dare forti emozioni a chi li ascolta. Insomma, Patroklos, Kostas e Nick conoscono a menadito quello che maneggiano e “Escalating Decay” ne è la più lampante testimonianza. Le canzoni, ovviamente brevi, si mantengono su tempi piuttosto veloci, pur non avendo troppi blastbeat; nei rallentamenti, emergono arrangiamenti sporchi e melmosi degni dei migliori Disrupt, o alcuni momenti più noise sullo stile degli storici Nausea; la voce, arrabbiata come non mai, si muove fra l’andazzo più hardcore e l’indimenticabile stile di Oscar Garcia (Terrorizer, guarda caso…!) e ben si districa sul lavoro chitarristico e sulle ritmiche. Il riffing, nella sua semplicità, quadratezza e “prevedibilità”, vede le sue armi migliori: i pezzi coinvolgono dalla prima all’ultima nota, han sempre la medesima tensione, non calano davvero mai l’attenzione anche se, a dirla tutta, è difficile fare emergere una song rispetto ad altre. Questo, comunque, non è un difetto: è davvero raro, infatti, oggigiorno, in qualsiasi genere, trovare un album in grado di farsi ascoltare così volentieri dall’inizio alla fine. La produzione è limpida e chiara: il drumming, nervoso ma molto preciso, gode di suoni asciutti e naturali; la chitarra, forse, ha le frequenze alte un po’ troppo in vista, ma crediamo che la cosa sia dovuta alla mancanza di un basso nella line up. Sono comunque “finezze”: “Escalating Decay” è un disco molto valido, che sicuramente può piacere ai grinder, ma può far incuriosire non pochi fan del death metal con radici d’ascolto formativo in quest’ambito.