6.0
- Band: PRONG
- Durata: 00:41:54
- Disponibile dal: 28/04/2014
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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A due anni dall’apprezzabile “Carved Into Stone” torna con una nuova release la creatura del mitico Tommy Victor, i Prong, con questo “Ruining Lives” . Un po’ come accadde ai tempi di “Rude Awakening”, il successore del loro disco più discusso, e come spesso accade anche più famoso della band, “Cleansing” (non c’è bisogno che siamo noi a spiegarvi, che “famoso” non sempre coincide con “migliore”, vero?), la band era chiamata a replicare ad un album che aveva ricevuto un buon responso dal pubblico, soprattutto in termini di vendite. Ai tempi di “Rude Awakening” francamente non andò proprio benissimo, i Prong diedero vita ad un album che non definiremmo indimenticabile a cui peraltro seguì un periodo di silenzio durato qualche anno. “Ruining Lives” è un disco che si presenta benissimo, soprattutto per la grafica e questo artwork che ci riporta alla mente quel “Beg To Differ” e in generale certe grafiche anni ’90. Stilisticamente in questo platter Tommy Victor pare che vada a prendere i pezzi che ci erano piaciuti meno e che avevamo ritenuto più facilotti del suo predecessore, e ce li riproponga infarcendo tutta la tracklist di ritornelli e refrain davvero orecchiabilissimi, ritmiche saltellanti che vorrebbero richiamarci quell’industrial che ci piace tanto, ma senza quel piglio graffiante e aggressivo che vorremmo sentire in un brano dei Prong. Ora, è evidente che ciò che ci si aspetta dai Nostri – o forse dovremmo dire solo da Tommy Victor, dato che nelle foto promozionali appare praticamente soltanto lui – non è un ritorno alle sonorità dei primissimi album, tuttavia avremmo gradito qualche episodio un po’ più aggressivo, un po’ di riff con un bel mordente, oltre a quello della titletrack o quello che apre “The Book Of Change”. Episodi come “Absence Of Light” o “Remove, Separate Self”, invece, ci hanno più che altro fatto tornare alla mente certi Static-X più spuntati o, ancor peggio, i Machine Head era “Supercharger”. Se con “Carved Into Stone” avevamo apprezzato il bilanciamento tra melodia ed aggressività, di “Ruining Lives” non apprezziamo il fatto che i Prong sembrano voler incentrare le composizioni solo ed esclusivamente in funzione di un ritornello “d’acchiappo”, che però il più delle volte non è nemmeno poi così irresistibile. Certamente questo è un disco che è rivolto solo ed esclusivamente agli estimatori del sound dei Prong dell’era “Cleansing”, tuttavia converrete con noi che i pezzi indimenticabili di questa band sono altri. Sufficienza rosicata.