6.0
- Band: PROPHETS OF RAGE
- Durata: 00.46.15
- Disponibile dal: 15/09/2017
- Etichetta:
- Caroline Records
- Distributore: Universal
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“Avevamo nel garage, dormienti, 20 kilotoni di rock’n’roll facenti parte del catalogo dei Rage Against The Machine, quasi più adatte al periodo attuale che all’amministrazione Clinton, periodo nel quale sono stati concepiti”. Tom Morello ha convocato i compagni di ventura Tim Commemford e Brad Wilk per combrattere l’impossibile ascesa della Nemesi, ma presto sono arrivate le sconfitte: prima il disinteresse di De La Rocha, che ha portato all’assunzione della coppia Chuck D / B-Real, poi il concretizzarsi dell’amministrazione Trump. Cavalcando l’onda della protesta il “Make America Rage Again Tour” è stato seguito dalla controparte mondiale, dove i Prophets hanno vinto facile coverizzando RATM e, in maniera minore, Public Enemy e Cypress Hill; più o meno la stessa cosa che hanno fatto nell’EP, che però non riusciva a catturare energia ed elettricità che possono esplodere nello scambio col pubblico. Davanti alla prima raccolta di inediti, viste tali premesse, il confronto con la storia dei musicisti è imboccato dagli stessi, suggerito dalla campagna promozionale e naturalmente indotto. Altrettanto naturale è la delusione di fronte ad un approccio lirico che non regge il confronto: “Radical Eyes” è elementare, “Hail To The Chief” sorprendentemente vaga, “Legalize Me” totalmente e tristemente bidimensionale… in generale una lunga sfilata di slogan sentiti probabilmente, ma spuntati, scontati, ineffettivi. Senza scomodare “A Nation of Millions”, “911 Is a Joke”, “Don’t Believe the Hype” basta riascoltare le versioni di “Prophets Of Rage” e “Fight The Power” per capire che i tempi in cui era il ‘pericolo pubblico numero uno’ coi Public Enemy siano decisamente lontani. Se i RATM si fondavano su rabbia e tensione, sia dal punto di vista lirico che musicale, i Prophets non raccolgono la loro eredità: oltre a “Unfuck The World”, che rievoca adeguatamente “Guerrilla Radio”, non c’è quasi nulla della carica, della veemenza, del dissenso che il trio ha evocato in passato con De La Rocha. “Prophets Of Rage” è un disco di merda allora? Non è così. Ridimensionando le ambizioni del progetto ed evitando di rapportarsi volontariamente al passato siamo davanti ad una raccolta di brani rap-rock costruiti sulla perizia di una delle sezioni ritmiche migliori al globo e di un chitarrista inconfondibile. Pezzi abbastanza lenti e smorzati, con una distorsione poco aggressiva ma dal groove contagioso e a tratti vincente (Dr. Greenthumb ha portato quella buona), col dialogo tra il flow nasale di B-Real e quello baritono di Chuck D assolutamente inappuntabile. Fuori dal contesto anche “Legalize Me”, “Take Me Higher” e “Livin On The 110” sono godibili, ma è evidente quanto siano più vicine ai Fun Lovin’ Criminals che ai Rage! Morello c’è e non c’è: qualche idea vincente in alcuni assoli e la strofa di “Strength In Numbers” non riescono a pareggiare i conti con troppi episodi di pilota automatico. Se cercate degli eredi dei RATM meglio ascoltare Run The Jewels o Stray From The Path, i Prophets sono arrivati a scrollarsi di dosso una parte della vergogna dell’opportunistico EP ma attribuendosi determinati riferimenti l’etichetta se la sono proprio cercata: comunisti col Rolex.