PROTEST THE HERO – Palimpsest

Pubblicato il 23/06/2020 da
voto
8.0
  • Band: PROTEST THE HERO
  • Durata: 00:52:33
  • Disponibile dal: 19/06/2020
  • Etichetta:
  • Spinefarm
  • Distributore: Universal

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I Protest The Hero sono una delle band più difficili da catalogare tra quelle presenti attualmente sul mercato, grazie alla loro peculiare e riconoscibile miscela di speed metal, mathcore e soprattutto progressive metal secondo una determinata concezione in linea tanto con la vecchia scuola, quanto con le proposte più recenti del genere. La vera certezza in merito alla formazione canadese risiede in quella sorta di genialità compositiva, che ne ha reso prontamente le gesta qualcosa da apprezzare non solo per gli estimatori del metallo più moderno, elaborato e intellettuale, ma anche di quello più epico e melodico. Ciò è dovuto ai numerosi e sottili rimandi a realtà classiche del calibro di Dream Theater, Rush e persino Symphony X, le cui influenze vengono prontamente scomposte e mescolate a numerosi richiami contemporanei, dall’hardcore punk al metalcore, in grado di sconvolgere letteralmente le carte in tavola, fino a dar vita a una creatura che può vantare una fanbase variegata come poche.
Il sesto full-length “Palimpsest”, edito presso Spinefarm Records e seguito del più particolare “Pacific Myth”, ci presenta una band ancora più arrabbiata e battagliera di quanto ci fosse possibile ricordare, con una notevole importanza data ad una feroce critica alla società americana e all’insistente presenza, all’interno dei suoi confini, di concetti come il razzismo, la discriminazione e il pregiudizio. Tutto questo è ben identificabile nel ritmo serratissimo e nell’atmosfera tanto epica quanto evocativa della iniziale “The Migrant Mother”, che mostra un lato più intuitivo della band, ma anche per questo ancora più accattivante per gli estimatori delle sonorità classiche che si apprestano ad ascoltare l’album. Le seguenti “The Canary” e “From The Sky” ci riportano invece dinnanzi a dei Protest The Hero più dediti a quei passaggi peculiari cui ci hanno abituato in passato, soprattutto per quanto riguarda il guitar work, anche se nella seconda di queste a spiazzarci è più che altro la conclusione quasi da semiballad, interpretata ovviamente da quel fenomeno della natura che è il cantante Rody Walker. “All Hands”, preceduta dall’intermezzo “Harborside”, presenta un retrogusto quasi da colonna sonora di un momento emozionalmente concitato in un film, con in più uno stacco in voce growl a spezzarne completamente l’andamento; diversamente da una “The Fireside” che spicca più che altro per la quantità impressionante di parole pronunciate in poche battute.
Un altro elemento cui è stata data molta importanza sono gli inserti di tastiera, la cui luminosità risulta fondamentale per la riuscita di un brano come “Reverie”, differente dalla leggermente più derivativa “Soliloquy” e da una più oscura “Little Snakes”, che nel finale sfodera una furia di chiara matrice punk e hardcore. Quest’ultima si ripresenta ancora più forte in “Gardenias”, anche se i vari virtuosismi e obbligati di basso e chitarra continuano a mantenere alta l’asticella della componente più cervellotica dei Protest The Hero, che tuttavia scelgono di chiudere le danze in maniera relativamente imprevedibile: la conclusiva “Rivet”, pur non sacrificando aggressività e adrenalina, è infatti il brano più malinconico del pacchetto, con degli sfoggi vocali disperati e introspettivi, da non confondere però con qualcosa di decadente, poiché vi è anche un tocco di parziale trionfo, e il finale a base di orchestrazioni in dissolvenza ne è un indice.
A questo punto non ci vuole un genio per capire che i Protest The Hero hanno nuovamente messo a segno un colpo da maestri, confezionando uno dei loro lavori più metallici e fomentanti, dotato comunque di un’intelligenza tematica e compositiva che sarebbe da prendere come esempio da moltissime formazioni, anche di genere diverso rispetto a quello proposto da questi ragazzi dell’Ontario. Può darsi che la struttura più tradizionale e un songwriting ben più intuitivo rispetto a “Pacific Myth” possano scontentare qualcuno, ma siamo certi che si tratti di una scelta ben calcolata, volta ad enfatizzare uno stile più diretto e tagliente che ben si presta agli argomenti trattati.
A prescindere che apprezziate o meno il progressive metal, date almeno un ascolto a questo “Palimpsest”, poiché siamo certi che le produzioni in grado di mettere d’accordo in questo modo gli estimatori del vecchio e del nuovo non siano poi così tante.

TRACKLIST

  1. The Migrant Mother
  2. The Canary
  3. From The Sky
  4. Harborside
  5. All Hands
  6. The Fireside
  7. Soliloquy
  8. Reverie
  9. Little Snakes
  10. Mountainside
  11. Gardenias
  12. Hillside
  13. Rivet
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