8.0
- Band: PSYCHONAUT
- Durata: 00:01:01
- Disponibile dal: 24/10/2025
- Etichetta:
- Pelagic Records
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‘Third album syndrome’ è lo slang usato nell’industria musicale per descrivere la scomoda posizione di chi, dopo due album ben riusciti, deve scegliere se assecondare le aspettative del pubblico o assumersi il rischio di una svolta stilistica. Quando gli artisti optano per la seconda opzione il risultato è spesso divisivo e a volte male accolto; ma se la scommessa riesce, il terzo disco può diventare quello della consacrazione.
Non ci stupirebbe se gli Psychonaut avessero sofferto un po’ di questa sindrome, dopo aver pubblicato un secondo album come “Violate Consensus Reality”: quasi un’ora di solidissimo prog contemporaneo che sembrava distillato dai Gojira pre-2010, filtrato attraverso Baroness, Pelican e Mastodon e guarnito con una spruzzata di Tool. Una piccola gemma nel suo genere, dopo la quale le scelte più plausibili sembravano una nuova release che ne proseguisse il cammino o un lavoro completamente diverso, che reggesse il confronto perché sostanzialmente imparagonabile al predecessore.
Il trio belga, invece, ha deciso di non fare né una cosa, né l’altra uscendo con un disco di quasi-rottura. Abbandonato l’approccio claustrofobico di “Violate…”, “World Maker” ci presenta infatti degli Psychonaut impegnati a contemplare la magia della vita più che i suoi risvolti apocalittici, ma non per questo del tutto disposti ad abbandonare la loro comfort zone.
È difficile definire “World Maker” meno che ‘genuinamente bello’: non ha particolari difetti di scrittura, è suonato magistralmente e la produzione, seppure un po’ canonica, calza a pennello sulla proposta musicale. Ha inoltre diversi pregi che non sempre graziano gli album dalla vocazione speculativa, come il virtuosismo mai ostentato e il fatto mantenersi molto accessibile al netto della complessità. In questo, gli Psychonaut dimostrano di aver pienamente acquisito la lezione dei loro gruppi di riferimento e di esercitare pieno controllo sulla loro creatività.
È difficile non restare sedotti dal riffing lussureggiante di “Endless Currents”, o dalle intense linee vocali di “And You Came With Searing Light“, o ancora dai cenni jazz che fanno capolino nella title-track, per prendere una piega orientaleggiante in “…Everything Else Is Just The Weather” e sporcarsi di blues in “Endless Erosion”. Difficile anche non cogliere l’ottima regia che aggancia la serrata “You Are The Sky” all’apertura ariosa del brano successivo, e che su “Origin” alleggerisce l’ascolto con percussioni dall’allure tribale. Dunque? Dove sta il ‘ma’?
Se “World Maker” ha un limite, a nostro avviso, è che pur non essendo un passo indietro, non porta nemmeno gli Psychonaut più in là di dove fossero arrivati con “Violate Consensus Reality”.
Il frontman Stefan De Graef ha spiegato come essere diventato genitore lo abbia spinto a comporre musica luminosa, piuttosto lontana dall’angoscia filosofica dell’album precedente: questo sound ingentilito, tuttavia, dà l’impressione di stare ancora prendendo forma tra le mani della band, che pur confermando pienamente il proprio talento scivola di tanto in tanto nell’autocitazione o nel manierismo.
L’ingombrante presenza di Gojira e Tool, ad esempio, affiora come il dorso di una balena sotto la superficie della già citata “Endless Currents” o di “All In Time”, ma ricorrono anche richiami espliciti ad A Perfect Circle e Katatonia – di cui questi Psychonaut sembrano talvolta una versione ‘felice’, come ad esempio in “Stargazer”.
“World Maker”, dunque, potrebbe essere un ottimo album interlocutorio, o come si suol dire ‘di transizione’. Ottimo, ma per certi versi indefinito; né il punto di arrivo che avrebbe potuto essere, né la svolta drastica e rischiosa che forse avrebbe voluto.
Si tratta in ogni caso di un lavoro di grande fattura, che spicca tra le proposte dello stesso genere e che merita una menzione tra le uscite più raffinate del 2025.
