7.0
- Band: PUPIL SLICER
- Durata: 00:46:23
- Disponibile dal: 02/06/2023
- Etichetta:
- Prosthetic Records
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Protagonisti di un discreto hype due anni or sono all’epoca del debutto su lunga distanza “Mirrors”, i Pupil Slicer tornano nel 2023 per provare a riassaporare lo stesso dolce gusto di gradimento e acclamazione. Il terzetto inglese si inserisce nel filone di un mathcore composito, progressivo, ambivalente nei toni, nel quale far detonare tanto una violenza camaleontica e destrutturata, quanto il candore e la levigatezza, frutto di un estro melodico molto pronunciato e dei vocalizzi allo zucchero filato della cantante Kate Davies. L’alternanza di clean e screaming vocals è – quasi non c’è bisogno di segnalarlo – al centro del discorso, come la cura per un suono che denoti potenza smagliante e non mortifichi la ruvidezza, dando il necessario risalto sia alla componente prettamente hardcore che a quella alternative rock, quasi al limite del pop in alcuni vistosi arrotondamenti sonori. Questi musicisti anglosassoni attingono volentieri a svariati generi, senza ritegno alcuno, così da far emergere a gradazioni variabili irrequietezza, tecnica strumentale, gusto per l’orecchiabilità e una smaccata furbizia nel concatenare le dinamiche, secondo una combinazione ad alto potenziale di intrattenimento e sicura detonazione nelle orecchie, almeno se si appartiene a una frangia di pubblico particolarmente disposta alla stupefazione immediata.
L’hardcore contaminato guidato da una duttile voce femminile non è da tempo una novità assoluta, pertanto serve alzare l’asticella dell’inventiva, per non perdersi nei cliché e far affiorare in fretta la sensazione di ‘già sentito’. Vuoi la comune provenienza geografica, vuoi la pulizia e la pienezza del suono, vuoi ancora il porsi sugli estremi, tra il molto diretto e brutale e il soffice/incantevole, l’accostamento che viene facile proporre è quello con i Rolo Tomassi, mentre è più distante l’eco degli Oathbreaker, o dell’operato sotto vari progetti di Julie Christmas.
Restando sui Rolo Tomassi, i Pupil Slicer paiono essere una fusione della loro ultima incarnazione, quella di “Where Myth Becomes Memory”, con un’istintività più datata e giovanile. Ciò dà vita a brani tentacolari e multiformi, stravaganti fino a un certo punto, tesi e spasmodici ma sempre contornati di melodie ed effettistica che li rendono più aggraziati che disturbanti. “Momentary Actuality” e “Departure In Solitude” sono un rosario di interventi strumentali e vocali tipici di chi vuole allo stesso tempo, quasi in contemporanea, travolgere e carezzare, insistendo su strappi ritmici coinvolgenti e ipertecnici, ai quali contrapporre crescendo toccanti e di agile consumo. “Departure In Solitude” apre il campo e si porta anche in territori djent, tra sterzate improvvise, chitarre stoppate e svolazzi solisti molto ben gestiti, anche se piuttosto freddi come il djent, del resto, spesso è. La corrente del progressive moderno più algido si intrufola nella corpulenta matassa strumentale dei Pupil Slicer, aumentandone il tasso di attrazione per le nuove generazioni, con quella miscela di fragilità e sperimentazione che, quando non è troppo ruffiana, può produrre risultati nient’affatto sgradevoli. Va in questa direzione, con una pesante iniezione di dreampop a pastellare i toni, “The Song At Creation’s End”, dove si sprecano le analogie con la formazione dei fratelli Spence, nonostante i Pupil Slicer prediligano generalmente un approccio più mellifluo e meno istrionico degli autori di “Time Will Die And Love Will Bury It”. In simbiosi ai testi, che descrivono una specie di distopia horror/fantascientifica, nei suoi momenti atmosferici la musica si connota di velature ombrose e venature dark, plumbei sentori che appaiono e scompaiono senza stravolgere l’impianto mathcore predominante. Per quanto il trio ci sappia fare con i registri melodici virati all’etereo-zuccheroso, ci pare siano nettamente più intriganti gli episodi dove esplode la psicosi, con alcune sparate deliranti a farcire di genuino caos l’imbellettato impasto strumentale (“No Temple”-“Terminal Lucidity”). Osservando “Blossom” nella sua interezza, quindi, non si può non notare il talento di cui sono dotati i ragazzi inglesi, anche se non tutto brilla in modo sconvolgente. La poliedricità è un valore e non lo mettiamo in discussione, tuttavia le tracce più tranquille non colpiscono come quelle più febbrili e piene di foga. Una buona seconda prova per i Pupil Slicer, non un diamante raro come potrebbe far presupporre la forte esposizione di cui il gruppo sta beneficiando.