7.0
- Band: PURGATORY
- Durata: 00:44:40
- Disponibile dal: 01/04/2022
- Etichetta:
- War Anthem Records
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Insieme a Fleshcrawl e Obscenity – preso atto della carriera discontinua dei Morgoth – i Purgatory possono essere visti come il più fulgido esempio di lealtà e passione per il death metal made in Germany. Attivi addirittura dal ’93, con alle spalle un numero di dischi da far invidia ad alcuni mostri sacri (“Apotheosis of Anti Light” è il nono della lista, quarto ad essere pubblicato dalla connazionale War Anthem), i Nostri appartengono a quella categoria di realtà che, lavorando di tenacia e olio di gomito nell’ombra, lontane dai circuiti che contano, costituiscono la spina dorsale del movimento. Una band che è e sarà sempre sconosciuta ai più, ma le cui opere continueranno a fungere da rifugio per i veri appassionati di questa musica, ben lieti di trovare qualcosa che possa fungere da intermezzo tra l’ascolto di un grande classico e l’altro.
I sassoni sono ormai soliti curare i loro comeback nel dettaglio, e questo nuovo album (che segna anche gli ingressi di Wolfgang Rothbauer alla chitarra e di Nico Solle al basso) non intende ovviamente invertire il trend, replicando la solidità espressa dagli ultimi “Ωmega Void Tribvnal” (2016) e “Deathkvlt – Grand Ancient Arts” (2013) per circa tre quarti d’ora di aggressione dai contorni barbari e diabolici. Esaltati dalla resa sonora di Patrick W. Engel (Desaster, Heaven Shall Burn), i brani si muovono in una dimensione d’odio nella quale i Vader di metà anni Novanta, i Vomitory e colossi della scena floridiana come Deicide e Morbid Angel seminano letteralmente il panico, non rinunciando a qualche affondo maligno di stampo black metal per donare maggiore profondità alla tracklist. Di nuovo, i Purgatory macinano riff e ritmiche a gran velocità, in una progressione stordente che il growling senza compromessi di Mirko Dreier non contribuisce affatto a stemperare, ma al netto di questo la sensazione è che il songwriting sia sempre sotto controllo, lucidissimo nella sua corsa verso l’Armageddon.
Non c’è una soluzione che possa essere definita originale, o un brano che spicchi davvero sopra gli altri, e a conti fatti va benissimo così: “Apotheosis…” è pura genuflessione all’altare della tradizione, al cui interno la (voluta) aderenza ai canoni non si manifesta attraverso un pigro riciclo di soluzioni. Piuttosto, si avvertono caparbietà, competenza e genuino spirito underground in questo vortice di chitarre tetragone, e sebbene il risultato finale non possa certo vantare l’ingegno e l’autorevolezza di un “Khalkedonian Death”, mirabile esordio dei Diabolizer uscito lo scorso anno, la voglia di ripetere l’esperienza è comunque dietro l’angolo. Sia nei momenti più serrati (“(We Declare) War”, “Accused, Sentenced and Buried Alive”), sia in quelli più tenebrosi (“Expectato Solis”, “Pantheon of Slaughters”), i Purgatory sanno come farsi voler bene.