7.5
- Band: PURIFIED IN BLOOD
- Durata: 00:34:07
- Disponibile dal: 15/06/2012
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
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Gli ex vegani Purified In Blood pubblicano il nuovo album a due anni di distanza da “Under Black Skies”, lavoro che segnò il ritorno alla piena attività del combo dopo aver scelto di non proseguire nello stile di vita vegano, almeno nella sua piena osservanza. Ideologismi a parte, “Flight Of A Dying Sun” ritrae un gruppo in piena forma, autore di un album che la lettera di presentazione descrive come il mix ben riuscito fra metal norvegese, Mastodon, Slayer e Iron Maiden: insomma, sarebbero il gruppo metal definitivo! Accantonate le sponsorizzazioni di parte, possiamo però affermare che, ascolto dopo ascolto, la diffidenza verso una presentazione così pomposa scema man mano, facendo salire l’amore per questo lavoro, che necessita di diverse fruizioni per essere assimilato. I Purified In Blood amano le strutture dei brani dei primi Mastodon, la melodia del metal classico e la cattiveria delle band thrash e death. E quindi il loro suono è la risultanza di queste influenze, che assumono i toni del metal norvegese, aspro e corposo nelle parti dure e cariche di groove, secco e agile quando si asseconda la furia black, trascendendo i canoni classici canzone dopo canzone tramite degli stupendi arrangiamenti di organo, tastiere e chitarra. E veniamo alle canzoni, ottimamente prodotte (ma potrebbe essere diverso al giorno d’oggi?) da Jacob Bredhal (ex Hatesphere). Il disco parte con composizioni strutturate su ritmiche thrash/death, con un riffage molto avvolgente, corposo, e con le urla del cantante a dispensare asprezze vocali. Man mano che si va avanti il gruppo osa sempre di più, abbandonando lo spartito iniziale per suonare quasi a braccio, mischiando le carte anche all’interno degli stessi brani. E quindi se la furia iconoclasta di “Mot Graw” vi annichilirà tramite la velocità, “Storm Of Blood” lo farà invece con la pesantezza della sua struttura. Infatti, il paradigma racchiuso fra queste due canzoni, entrambe poste in apertura, narra di un gruppo capace di legare molto bene influenze diverse nel proprio suono, per mantenere un’identità anche in brani molto diversi in scaletta arrangiando benissimo. Fra gli episodi migliori – anche se non ce ne sono di deboli – menzione per la blasfema, velocissima ai limiti del black metal, “Mind Is Fire”, che termina con un finale incendiario, per la ragionata e cadenzata “Escape To Solace”, dove i norvegesi musicano e arrangiano benissimo, con solennità diremmo per mezzo dell’organo; “Void”, tutta riff coinvolgenti e ripartenze esplosive. Ma la hit, il biglietto da visita dei Purified In Blood, qui è sicuramente “Iron Hands”. Composizione mid-tempo, inizia con una struttura corposa, che in seguito irreggimenta assoli di chitarra e partiture di organo molto solenni, lunghe e ariose, che donano al brano – complici anche le voci che da rabbiose si fanno lamentose – un tiro pomposo dai toni però opprimenti. Su “Iron Hands”, fra i lamenti vocali che i crediti ascrivono all’ex frontman Glenn Reaper, noi pensiamo di aver riconosciuto la timbrica unica proprio di Jacob Bredhal. Ma ad ogni modo, Reaper non è l’unico ospite di “Flight Of A Dying Sun”. Troviamo anche Hjelvik dei Kvelertak (su “Mot Grav”), Kjetil Møster (Datarock, Ultralyd, Møster) al sax, Ådne Sæverud all’organo e Jens Borge (Skadne Krek) al contrabbasso. C’è infine addirittura un cantante armonico siberiano, tale Albert Kuvezin! Il disco si chiude con la title track, inno di nove minuti che è il sunto perfetto dei Purified In Blood 2012. “Flight Of The Dying Sun” è un disco che ascolto dopo ascolto si staglia nella nostra testa, che per la mole di qualità prodotta sembra anche più lungo di quanto lo sia in realtà, e che merita di essere ascoltato non fosse altro che per l’originalità della proposta.