5.5
- Band: PURIFIED IN BLOOD
- Durata: 00:49:42
- Disponibile dal: 14/03/2025
- Etichetta:
- Indie Recordings
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Dopo oltre un decennio di silenzio discografico, i norvegesi Purified In Blood tornano con “Primal Pulse Thunder”, un lavoro che segna un’ulteriore trasformazione nel loro spesso frammentato percorso artistico. L’energia e la furia giovanile degli esordi all’insegna di un metalcore di stampo europeo, spesso e volentieri venato di thrash metal, sono ormai un ricordo veramente lontano: da tempo quelle soluzioni hanno lasciato spazio a un approccio più compassato, caratterizzato da un sound greve e denso, intento a muoversi tra diverse influenze nella difficile ricerca di un’identità ben riconoscibile.
Come era stato per il precedente “Flight Of A Dying Sun”, oggi il focus è chiaramente spostato verso sonorità più cadenzate e pesanti. Le influenze dei Gojira sono evidenti nei riff profondi e nei numerosi momenti in cui la potenza sonora viene costruita su groove massicci piuttosto che su trame ritmiche più vivaci e intricate. Il risultato è un album che spesso trasmette un senso di ponderazione, dove la velocità lascia il posto a un incedere laborioso, quasi riflessivo. In questo senso, in alcuni passaggi si percepisce una certa tendenza a rallentare ulteriormente, sfiorando persino territori sludge e post-metal. La band sembra quindi voler esplorare dimensioni più atmosferiche, senza però mai spingersi completamente verso derive catartiche. L’uso di chitarre ribassate e ritmiche particolarmente stentoree contribuisce a creare un senso di immobilità minacciosa, come se la musica si caricasse di tensione senza quasi mai concedere una vera esplosione liberatoria. Una scelta che talvolta penalizza il dinamismo complessivo dell’album, rendendo alcuni episodi eccessivamente monolitici.
Non mancano, tuttavia, break in cui la band rispolvera in un certo senso la propria tradizione più feroce: non si guarda qui all’impronta degli esordi, ma ci si concede delle accelerazioni che sembrano richiamare il black metal norvegese. È il caso, ad esempio, di un pezzo come la conclusiva “Portal”, una composizione lunga e cupa, che nel suo finale si lancia in una cavalcata, quasi a voler spezzare la coltre di gravità che pervade il disco.
In generale, “Primal Pulse Thunder” pare esprimere una forte sensazione di introspezione e di confronto con il passare del tempo, un elemento che traspare nel mood di queste composizioni, quasi sempre molto, troppo controllate. I brani si sviluppano spesso in maniera circolare, insistendo su pattern ossessivi che enfatizzano un senso di inevitabilità e di decadenza. Questo, però, ha appunto anche il suo rovescio della medaglia: l’album finisce irrimediabilmente per risultare un po’ ripetitivo, nel suo offrire poche melodie o riff davvero memorabili. Nonostante la solidità della produzione e l’indubbia qualità esecutiva, il lavoro sembra insomma disperdersi in varie direzioni, consegnandoci una band un tempo arrembante e che ora sembra diventata pensosa, indecisa, quasi afflitta dal trascorrere del tempo e dalla sempre più marcata lontananza dalla propria gioventù.
Pur nel loro essere derivativi, lavori come “Last Leaves of a Poisoned Tree” o “Reaper of Souls” erano più frizzanti e divertenti all’ascolto, mentre “Primal Pulse Thunder”, privo com’è di grandi guizzi, rischia di affaticare l’ascoltatore alla lunga, soffocato dal suo stesso peso.