7.5
- Band: PYOGENESIS
- Durata: 45:30
- Disponibile dal: 24/02/2017
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Appena diciotto mesi dopo il precedente primo atto di una trilogia ‘vittoriana’, l’ottimo “A Century In The Curse Of Time”, ecco apparire alle stampe questo secondo tassello dedicato ai cambiamenti sociali del diciannovesimo secolo chiamato “A Kingdom To Disappear”. ‘Un album come questo abbraccia ogni era creativa della band’ afferma Flo Schwarz e sembrerebbe che affermazioni come questa potrebbero già far presagire un’ottima soluzione introduttiva ad un nuovo album a così poca distanza dal precedente. Sensazione amplificata dal singolo apripista che è “I Have Seen My Soul”, un singolo heavy metal come dovrebbe essere, melodico, aperto, col riff giusto e il chorus da cantare con il pugno alzato, come nella migliore tradizione di un gruppo che ha saputo veramente incorporare all’interno della sua carriera molte delle sfaccettature della musica metal nel corso degli anni e che ora lascia la sensazione, il sentore, l’eco di un qualcosa che riesce ad avere ancora una massiccia dose alchemica di passione per questa musica, originalità, orecchiabilità, capacità e talento. “A Kingdom To Disappear” prosegue piacevolmente questo nuovo percorso della band teutonica, senza ampliare nulla di quanto già detto nel precedente lavoro (e nel lungo e glorioso passato), ma confermando la caratura di musicisti che impostano un proseguo di carriera con questi dettami e queste coordinate. Le sinfonie di retroterra wagneriano di “It’s Too Late” si compensano alle ballate medioevaleggianti di “New Elvetia” in sapori che hanno alla base una piacevolezza di ascolto e di composizione che risultano ancora essere il fattore x di band come i Pyogenesis. Poco importa che le sfaccettature più oscure e il cantato in growl (che avevano contraddistinto il passato gothic e più estremo degli anni Novanta della band di Schwarz) rimangano all’appannaggio di pochissimi momenti dell’album, addirittura sembrando quasi fuori luogo all’interno di un contesto più ampio come quello di questo nuovo lavoro, come nell’introduzione di “Every Man For Himself And God Against All” e in “Blaze, My Northern Flame” che, al confronto di brani più moderni come “That’s When Everybody Gets Hurt” o punkeggianti come “We (1984)” o epici e struggenti come la finale “Everlasting Pain”, sembrano risultare quasi solamente un reminder dei tempi passati, assolutamente sdoganato da quelle che in realtà sono le tonalità della band in questo suo nuovo percorso. Come per il precedente album, però, i brani sono tutti funzionanti e incisivi, segno di una concezione e di un risultato musicale valido e opportuno. “A Kingdom To Disappear” è un disco da ascoltare, magari insieme al precedente, in tutta la sua interezza eppure capace di entusiasmare anche per una sua singola traccia: un disco che non deluderà, musica che fa ancora piacere sentire, band che ha ancora senso chiamare col nome di musicisti, quello vero e proprio che si addice a musica come questa, ben lontana, evidentemente, dal diradarsi e svanire nel già detto e sentito.