QUIET RIOT – Metal Health

Pubblicato il 11/10/2011 da
voto
8.0
  • Band: QUIET RIOT
  • Durata: 00:40:57
  • Disponibile dal: 11/03/1983
  • Etichetta:
  • Pasha Records

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“Metal Health” può essere considerato senza alcun timore di smentita uno dei dieci album fondamentali dell’heavy metal americano degli anni ’80. Punto e stop. La band aveva già pubblicato due dischi nella terra del Sol Levante, dal modesto riscontro commerciale, ma era passata alla storia per la militanza alle sei corde di Randy Rhoads, presto migrato alla corte del madman Ozzy Osbourne.  Accasatisi presso la CBS, i Nostri pubblicano nel 1983 “Metal Health”, un lavoro destinato a diventare il primo full length heavy metal a raggiungere la vetta della classifica di Billboard, vendendo l’esorbitante cifra di sei milioni di copie.
Iconico sin dalla copertina, sulla quale troneggia un losco figuro con una maschera di ferro imprigionato da una camicia di forza in pelle, il disco si apre con la celebre rullata della terremotante title track, dotata di un superbo riff di chitarra che ha segnato la storia del genere. L’accattivante ritmo di batteria sovrastato dalla voce sguaiata di Kevin DuBrow introduce “Cum’On Feel The Noize”, l’anthem simbolo dell’album, che curiosamente è la cover di un brano pubblicato dagli inglesi Slade esattamente dieci anni prima. Paradossalmente la band non aveva la minima intenzione di incidere il pezzo, ma fu spinta a farlo dall’etichetta discografica che ne intravedeva il potenziale commerciale. Il brano è un divertente rock’n’roll senza troppe velleità artistiche, che ha il suo punto di forza nel contagioso ed efficace ritornello. La tensione  accumulata nei primi due episodi, si stempera nei classici quattro quarti della successiva “Don’t Wanna Let You Go”, un’atipica semi ballad costruita su un riff di chitarra sognante, puntellato da un breve ma ispirato assolo di Carlos Cavazo. “Slick Black Cadillac”, originariamente pubblicata nel 1978 sul secondo album, riporta la lancetta verso coordinate più festaiole, corroborate da una sfrenata e passionale interpretazione complessiva del gruppo. Un malinconico arpeggio di chitarra acustica accompagnato dai deliranti vocalizzi di DuBrow introduce “Love’s A Bitch”, la prima vera ballata dell’album: la traccia viaggia su coordinate tradizionali ma non per questo banali, soprattutto per merito dell’ugola urticante del frontman che esplode in un chorus facilmente assimilabile. Con “Breathless” ci addentriamo nei territori cari all’heavy metal classico, la struttura del brano è infatti quella di un’energica cavalcata, impreziosita da pregevoli ricami chitarristici e dai robusti vocalizzi di DuBrow che si stemperano inaspettatamente in un chorus corposo e al contempo melodico. Non abbiamo neanche il tempo di rifiatare che veniamo travolti dall’irruenza di “Run For Cover”, song che accentua il lato heavy del gruppo, permettendo al batterista Frankie Banali di mettere in mostra le sue indubbie capacità di picchiatore di classe. Il breve interludio “Battle Axe” funge da trampolino di lancio per le doti tecniche di Cavazo, che si rivelano decisamente più aggressive rispetto alle peripezie di scuola Van Halen del suo illustre predecessore Randy Rhoads. “Let’s Get Crazy” è un roccioso mid tempo basato su un riff diretto e  quadrato che prepara il terreno per le vocals graffianti di DuBrow, il quale dimostra di trovarsi maggiormente a suo agio nei pezzi più duri. In sede live spesso il brano veniva dilatato per permettere alla band di interagire con il pubblico in un botta-e-risposta di sicuro effetto. Se proprio vogliamo scovare un neo in questo disco lo troviamo posto proprio in coda all’album: la ballata “Thunderbird”, dedicata all’amico ed ex compagno Rhoads, scomparso solo un anno prima in un tragico incidente aereo, appare fin troppo melensa e posticcia, assumendo la forma di un compitino svolto senza troppa convinzione. Sembrava soltanto l’inizio di un’interminabile festa, ma già il successivo “Condition Critical” – profetico sin dal titolo – ridimensiona drasticamente le aspettative dei Nostri, vendendo molto meno del previsto e paradossalmente annegando nei successi di altri gruppi come Ratt e Twisted Sister. Corroso dall’invidia, Kevin DuBrow spara a zero contro i colleghi delle altre band, inimicandosi così buona parte dei fan e dei musicisti e dando ad essi – per rubare le parole al bassista Rudy Sarzo – il seguente minimo comune denominatore: “We hate Quiet Riot”. Le tensioni interne fanno il resto e, ironicamente, la band è la prima a lasciare il party che aveva organizzato con tanta cura. In questo caso, il destino è stato fin troppo cinico e beffardo nei confronti di una delle stelle più brillanti emerse dal panorama rock di quel decennio dorato.

Si ringrazia Diego “Dr.Zed” Zorloni per la fattiva collaborazione.

TRACKLIST

  1. Metal Health
  2. Cum On Feel The Noize
  3. Don't Wanna Let You Go
  4. Slick Black Cadillac
  5. Love's A Bitch
  6. Breathless
  7. Run For Cover
  8. Battle Axe
  9. Let's Get Crazy
  10. Thunderbird
1 commento
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