7.0
- Band: THE QUIREBOYS
- Durata: 00:40:05
- Disponibile dal: 17/04/2004
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Dopo il tentativo più o meno pallido fatto nel 2001 con il sincero ma ancora acerbo album di riformazione “This Is Rock’n’Roll” i Quireboys di Spike (inconfondibile voce) e Griff (chitarra solista), unici rimasti della formazione originale (Mogg al basso saltò sul carrozzone già incamminato), sono tornati sul serio, e in grande stile! “Well Oiled” è infatti un disco che sembra inciso al massimo un anno dopo l’ultimo album del loro periodo d’oro, lo storico “Bitter Sweet & Twisted”. Ascoltare la selezione di nove pezzi scelti da Spike e compagni fra l’ampio campionario di canzoni scritte negli ultimi anni di serio lavoro in studio dà infatti la sensazione che lo spirito più genuino che aveva fatto dei Quireboys uno dei veri numi del rock’n’roll fra la metà degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 (prima che il neonato grunge venisse a fare la sua dannosa rivoluzione…) sia ancora vivo e vegeto, e coerente come non mai. Infatti, non troverete contaminazioni modaiole, né influenze punk o noise per nascondere pochezza di idee, niente concessioni commerciali, ma esclusivamente rock ‘n’ roll sporco di fumo e whisky, e cioè ciò che Spike e soci suonavano quando alcuni degli attuali rockettari più trendy erano solo dei bimbi che giocavano con le macchinine. Se “This Is Rock’n’Roll” era un album costituito di buoni pezzi ma realizzato da una band molto poco rodata prodotto frettolosamente (e non in maniera eccelsa) su una vena portante che era la voglia di ricominciare a tutti i costi, questo “Well Oiled” è invece un disco innanzitutto ben curato sotto ogni punto di vista: la produzione è ottima, l’artwork e la copertina (un quadro ad olio opera di un artista amico di Spike, e che crea il simpatico gioco di parole fra lo stile di pittura, appunto, e l’essere una band “ben oliata”) molto ben curati, ma soprattutto, nove ottimi pezzi che avvolgono l’ascoltatore in un’atmosfera d’altri tempi ma senza mai annoiare, anzi, spesso divertendo molto. Abbondano come sempre gli ottimi riff blues-rock, tra Rolling Stones, Faces (veri idoli di Spike e company) e soprattutto AC/DC: basti sentire il primo singolo estratto dall’album, “The Finer Stuff”, per farsi un’idea di come la hard rock band più famosa della storia influisca, e positivamente, nella composizione e nella ricerca musicale dei Quireboys, che però ci buttano dentro una base di tastiera a dir poco contagiosa. “Good To See You” è un’ottima canzone introduttiva: ottimamente equilibrata fra adrenalina e sentimento, è il degno “bentornati!” che Spike dedica ai suoi grati fan. “Too Familiar” è un immancabile brano lento che, seppur siano passati anni e anni, non può non far ripensare, e senza rimpianto, ad una “King Of New York”, così come la tranquilla e romantica “Sweet As The Rain”, che in quanto a feeling ricorda l’agrodolce, e bellissima, “I Don’t Love You Anymore”. Non mancano pezzi movimentati e “danzerecci”, nel senso migliore del termine, come “Lorraine Lorraine”, ” The Last Fence”. Per tutto il disco la sezione ritmica, decisamente in mano ad amici che sono ben più che semplici sessionmen, è sempre precisa e pulita, mentre due chitarre giocano ad inseguirsi sempre con stile e senza sbavature. E la voce di Spike è sempre lei: brividi a volontà ed un’estensione che pare impossibile per ugola umana. Bentornati, ragazzi!