7.0
- Band: RAGE
- Durata: 00:59:57
- Disponibile dal: 24/02/2012
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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La macchina da dischi Rage non arresta la sua corsa e a poco più di venticinque anni dagli esordi pubblica il suo ventunesimo lavoro, opportunamente intitolato “21”. Un traguardo che ben poche band possono vantare, soprattutto se si considera che tale prolificità è stata finora accompagnata da un buon livello delle composizioni. Dal punto di vista strettamente qualitativo/esecutivo il nuovo album non fa eccezione e contiene una manciata di brani realmente validi, del tutto in grado di competere con le produzioni targate Rage uscite nell’ultimo decennio. La titletrack, “Death Romantic” o la tellurica “Concrete Wall” con i loro riff thrashy, un drumming tecnico e diretto allo stesso tempo, i pregevoli soli di un sempre ottimo Victor Smolski e le aperture melodiche sui refrain tipiche dei Rage, sono brani scorrevoli e dotati di buon tiro. Elementi che non mancano nemmeno all’immediatissima “Forever Dead”, granitica bordata power-thrash in doppia cassa con ritornello tutto da cantare, o a “Destiny”, brano che ad una strofa tirata da puro headbanging contrappone un bel ritornello melodico che ha l’unico difetto di ricordare un po’troppo “Carved In Stone” dall’omonimo album datato 2008. Tra i migliori pezzi anche il semi lento conclusivo “Eternally” che aggiunge un pizzico di atmosfera ad un album decisamente diretto e privo delle divagazioni orchestrali a cui i Rage ci avevano abituato recentemente. Ottimi e ben bilanciati i suoni a cura di Charlie Bauerfeind. Quello che però stona e non permette a “21” di raggiungere livelli di eccellenza è la presenza di qualche riempitivo come le superflue “Black And White” o “Serial Killer”, dove si avverte inoltre un senso, per altro in parte presente anche sui brani sopra citati, di eccessiva standardizzazione su coordinate ricalcate dal terzetto ormai troppe volte soprattutto a livello di linee vocali dei ritornelli. Qui i Rage sembrano cadere nel tranello determinato proprio dalla loro estrema prolificità, di cui si è accennato ad inizio articolo. Un album all’anno è troppo anche per assi di questo calibro e forse spezzare tale “catena di montaggio” permetterebbe alla band di uscire con meno frequenza e condensando sui propri lavori un numero maggiore di tracce buone.