8.0
- Band: RAGE
- Durata: 01:28:48
- Disponibile dal: 29/03/2024
- Etichetta:
- Steamhammer Records
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Pochi artisti possono vantare una continuità d’azione come Peavy Wagner e i suoi Rage. La figura del musicista tedesco è imponente nel fisico e nella sostanza della sua musica, simbolo di un metal classico che ha saputo evolversi, mutare, osare, rinvigorirsi e approdare al presente senza perdersi d’animo o rimanere intrappolato nella commiserazione per i bei tempi perduti.
Poche chiacchiere e tanta concretezza hanno contraddistinto l’operato di un musicista che incarna come pochi altri il vero spirito dell’heavy metal: mentre numerosi suoi coetanei se la cantano e se la suonano da alfieri del tempo che fu, titillando la nostalgia offrendo in cambio poco altro, con l’approssimarsi dei quarant’anni di vita del suo gruppo principale Peavy non tentenna e decide addirittura di raddoppiare gli sforzi.
“Afterlifelines” è addirittura un doppio album di inediti, diviso in due parti tese a rappresentare due facce della stessa medaglia e allo stesso tempo ricomporre sotto un’unica denominazione la poliedricità dell’ora terzetto tedesco. Nel primo disco, denominato “Afterlife”, ecco allora una fedele rappresentazione della versione più recente dei Rage, quella heavy, thrasheggiante e furibonda degli ultimi episodi in studio.
Passando invece alla seconda parte, chiamata “Lifelines”, lo scenario cambia lievemente, in favore del mai celato amore per la musica classica, con i Rage che tornano sul ‘luogo del delitto’, collaborando a questo giro con il tastierista Marco Grasshoff per regalarci una nuova commistione tra le loro orgogliose trame metalliche e le aperture ariose e altrettanto potenti della musica sinfonica. In questo caso le orchestrazioni dialogano col metal dei Rage secondo modalità che richiamano solo in misura minore dischi come “XIII” e “Ghosts”, perchè in effetti la musica sinfonica diventa qui qualcosa di meno preponderante e centrale nell’economia dei pezzi.
Nonostante la sua durata extralarge – quasi un’ora e mezza complessiva – Peavy e compagni si sono concentrati su materiale compatto e di presa immediata, preferendo quasi esclusivamente un formato piuttosto classico per le singole composizioni, mediamente piuttosto lineari e tradizionali nella struttura.
Nonostante una maggiore varietà di fondo rispetto alle ultime uscite, chi ha apprezzato le prove recenti della band non sarà spiazzato dai contenuti di “Afterlifelines”. Come accaduto negli ultimi dieci-quindici anni, il suono della formazione è massiccio e un po’ compresso, legato a stilemi di suono moderni, con poche concessioni a ricami melodici e ai chiaroscuri più malinconici – quelli degli anni ’90, per intenderci – oppure lo sviluppo più progressivo e articolato della prima decade degli anni 2000.
A fare la differenza con lavori come come “Resurrection Day” e “Wings Of Rage”, dove a volte serpeggiava una sensazione di routine, come se il gruppo si adagiasse su schemi fin troppo noti e confortevoli, in “Afterlifelines” si percepiscono un altro brio, una frizzantezza che c’era solo a intermittenza nel recente passato: sono migliori la cura per le melodie e le dinamiche, ed in generale è come se la band girasse costantemente a mille; vero, la voce di Peavy in alcune occasioni può mostrare qualche affanno, ma non è qualcosa che infiacchisce la marcia dei Rage odierni, ancora capaci di offrire canzoni dinamitarde e travolgenti, infiocchettandole anche di atmosfere più studiate e meditate.
Sul primo disco, il miscuglio di thrash quadrato e massiccio e aperture power di “Afterlife” dà il primo punto esclamativo alla tracklist, dopo quelli che sono comunque due solidi brani come “End Of Illusions” e “Under A Black Crown”. La direzione thrasheggiante è quella che riscuote i maggiori consensi in questa prima parte, dove è proprio l’inanellarsi di brani così opulenti di violenza e pathos a far palpitare i cuori. La cupezza è uno dei punti in comune di tracce pendolanti tra thrash e power come “Dead Man’s Eyes” e “Toxic Waves”, avvolte da toni scuri ma dotate di belle aperture melodiche all’altezza dei refrain.
“Lifelines”, a dispetto degli arrangiamenti sinfonici, non si distanzia chissà quanto dalla prima metà quanto a impeto e foga: diciamo che in questo caso vi è una maggiore ricchezza di colori e atmosfere, senza che si vada a smorzare la carica del terzetto. Ecco allora che “Cold Desire” assolve perfettamente al suo ruolo di opener del secondo disco, con un ritornello tra i più riusciti della raccolta; “Dying To Live”, coi suo toni dolci da ballad, ci convince appieno per la sua solare e speranzosa pacatezza e si abbina benissimo alla più vivace “The Flood”, dove il bilanciamento tra metal e musica classica funziona particolarmente bene. Ottima anche la stessa “Lifelines”, una suite di oltre dieci minuti divisa equamente tra introversione iniziale e severo impatto metallico successivo, con Peavy più a suo agio che altrove nell’affrontare strofe ora più possenti, ora più fievoli.
Se pensavate che i Rage in questa fase di carriera si fossero un po’ adagiati e viaggiassero col pilota automatico inserito, “Afterlifelines” potrebbe farvi ricredere e far riprovare un genuino entusiasmo per la formazione tedesca. Quarant’anni ben festeggiati per Peavy e compagni!