9.5
- Band: RAGE AGAINST THE MACHINE
- Durata: 00:52:48
- Disponibile dal: 03/11/1992
- Etichetta:
- Epic
- Distributore: Sony
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Inutile tentare di negare che dopo più di vent’anni dalla propria uscita, il primo, omonimo e fondamentale album dei Rage Against The Machine rimanga un manifesto musicale, politico e culturale ancora oggi degnissimo di rispetto e che si è guadagnato sul campo il rarissimo appellativo di ‘capolavoro’. Uscito per la Epic nel 1992, l’album è subito esploso, trascinato soprattutto dal primo singolo “Killing In The Name”, che all’epoca venne censurato da MTV e dai maggiori network radiofonici statunitensi. Alle spalle di un lavoro tanto rabbioso e velenoso c’erano principalmente le due menti di Tom Morello e di Zack De La Rocha: il primo è un chitarrista newyorkese trasferitosi a Los Angeles e da sempre attivista per il partito democratico e per i diritti delle minoranze; il secondo invece è un rapper chicano già piuttosto noto in California per le sue possenti invettive contro il sistema lanciate con la sua prima band, gli Inside Out. Ben presto i due capiscono di poter lavorare insieme partendo da basi ideologiche e programmatiche comuni e – coadiuvati da Brad Wilk alla batteria (già con Morello nei Lock Up) e Tim Commerford al basso – danno vita ai Rage Against The Machine. Sarebbe impossibile parlare della band senza considerare l’enorme bagaglio sociale che questa porta con sé, ma in questa sede tenteremo di concentrarci maggiormente sulla musica, consci del fatto che chiunque leggerà queste righe conoscerà senza ombra di dubbio le posizioni politiche del quartetto e le giudicherà secondo la propria sensibilità. Non ci possiamo esimere però dal segnalare come “Rage Against The Machine” sia stato non per caso una delle principali colonne sonore della rivolta di Los Angeles scoppiata quasi in concomitanza con l’uscita dell’album. Introdotto da una copertina piuttosto scioccante raffigurante un monaco buddhista che si dà fuoco per protesta nel Sud Vietnam, “RATM” parte subito in maniera incendiaria con l’ormai famosissima “Bombtrack”. La band sin da subito riesce a mettere in chiaro l’originalità della propria proposta, che pesca a piene mani dalla scena rock/metal, dall’hip hop e del funky. L’opener track – pur avendo delle strutture hip hop piuttosto marcate – gode di una pesantezza ritmica pazzesca, quasi opprimente; la chitarra di Morello poi disegna sonorità del tutto nuove e particolari che evocano scenari di guerriglia urbana sopra ai quali un ispiratissimo De La Rocha sputa veleno rappando come il miglior Chuck D.. La successiva “Killing In The Name” vira su lidi più metallici, sempre molto contaminati. La rabbia sprigionata dal brano, l’attacco frontale al sistema, il reiterarsi di frasi ed invettive ferocissime (“Fuck you, I won’t do what you tell me”) fecero in brevissimo tempo il giro del mondo e la censura applicata dai media non fece che aumentarne la pericolosità e la diffusione. Se la sei corde di Morello alterna pattern metallici ribassati (in anticipo sui tempi), il basso pulsante di Tim Commerford si aggira in territori funk che nel complesso avvicinano il sound dei Nostri a quello dei Red Hot Chili Peppers, rivisto in maniera molto più cupa e battagliera. Si torna a rappare con “Take The Power Back”, mentre la successiva “Settle For Nothing” è un oscuro e disperato metal tune che influenzerà le generazioni a venire, sebbene qualitativamente parlando sia il brano meno riuscito dell’intero album. Su “Bullet In The Head” Morello sperimenta sonorità noisy che si avvicinano al tipico scratch del rap della East Coast; straordinaria la frase melodica che spezza un mid tempo guidato magistralmente dalla sezione ritmica. “Know Your Enemy” è l’ennesimo classico contenuto nella tracklist di “RATM”, un funk metal coinvolgente dove l’ospite Maynard James Keenan dei Tool alterna la propria splendida voce ai vocalizzi aspri e spigolosi di Zack. Dopo l’ottima “Wake Up”, utile a mettere in mostra una volta di più la bravura della band nel miscelare in parti uguali generi che fino ad allora si erano solamente sfiorati e che invece ora paiono nati per essere suonati insieme, ecco arrivare la tellurica “Fistful Of Steel”, ennesimo atto d’accusa messo in musica sotto forma di un pesante mid tempo che però non ha l’incisività del resto dei brani. Si rientra subito in carreggiata con “Township Rebellion”, pot-pourri che unisce Led Zeppelin, Stooges, Public Enemy ed un certo amore per una sorta di fuzz-core simil Sonic Youth, evocati soprattutto nella scelta dei suoni come sempre peculiare di Tom Morello. In conclusione troviamo “Freedom”, dedicata all’attivista politico Leonard Peltier, imprigionato in maniera perlomeno dubbia a seguito delle sue battaglie in difesa dei nativi americani. Il brano è l’ennesimo pezzo di bravura di un De La Rocha dominante sotto tutti i punti di vista. “RATM” è un lavoro iconico, rivoluzionario e violento sia nelle liriche che nei suoni e che sin da subito farà scuola, aprendo a proprio modo la strada a tutto il movimento nu metal e rapcore che esploderà negli anni a venire. In pochi però riusciranno ad eguagliare e a superare qualitativamente questa opera prima dei Rage Against The Machine, vero e proprio manifesto programmatico non solo di una band, ma di un’intera massa di persone che ha trovato nelle strutture moderne, nel crossover totale e nelle parole di De La Rocha un vero e proprio specchio di una realtà scomoda che per la prima volta viene portata alla luce in maniera tanto lucida e consapevole. Per dirla con le parole di Chuck D. dei Public Enemy “la loro letale combinazione di molti generi considerati non rock ha fatto dei Rage Against The Machine la migliore rock band del loro tempo”.