7.5
- Band: RAM
- Durata: 00:46:55
- Disponibile dal: 03/11/2017
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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I Ram proseguono imperterriti la propria marcia volta a rivisitare gli schemi di gioco ideati dai padri fondatori del metal classico, attraverso un quantitativo industriale di passione unita ad una straordinaria competenza della materia trattata. Innovazione e fantasia sono due termini che latitano orgogliosamente nel linguaggio narrato dal gruppo originario di Göteborg anche se, in questa occasione, i protagonisti hanno cercato di diversificare la trama portante, inserendo una traccia unica nel secondo lato del disco. L’imperiosa suite “Ramrod The Destroyer” viene coraggiosamente suddivisa in sei parti diseguali, caratterizzate da concitati frangenti di pura ed incendiaria adrenalina (“Incinerating Storms”, “Ignitor”), altresì bruscamente quietati dalla malinconica ballata “The Cease To Be”, la quale paga oggettivo dazio all’onirica “Beyond The Realms Of Death” dei Judas Priest. A conti fatti, “Rod” si presenta come un semi-concept album caratterizzato da una micidiale aura battagliera, musicata a regola d’arte da un collettivo che appare ai nostri timpani sempre più coeso ed affiatato. Sembra proprio che gli autori abbiano lavorato duramente in fase compositiva, allo scopo di ridurre al minimo alcune importanti incertezze emerse nei precedenti capitoli in studio. L’incendiario costrutto sonoro plasmato dalla compagine scandinava evidenzia una serie di trame strumentali sempre più complesse e ricercate, senza per questo sacrificare la necessaria immediatezza palesata a chiare lettere da una manciata di terremotanti anthem. La mefistofelica “A Throne At Midnight” non avrebbe di certo sfigurato nella scaletta dell’ottimo “9” dei Mercyful Fate; così come è impossibile resistere all’irrefrenabile energia palesata da “On Wings Of No Return”, peraltro promossa da un videoclip di matrice orrorifica, tanto pacchiano quanto divertente. La mai doma compagine scandinava penetra in maniera eroica nelle gelide lande dell’Unione Sovietica con l’altisonante “Gulag”, dalla quale sgorga una smodata dose di epicità, sorprendentemente levigata da un ritornello immediato ed accattivante. Al quinto tentativo, i Ram hanno finalmente siglato un’esplicita dichiarazione di indipendenza nei confronti dei pur validi concorrenti, per merito di un’opera che difficilmente lascerà insoddisfatti gli appassionati delle sonorità old school.