RAMESSES – Possessed By The Rise Of Magik

Pubblicato il 23/07/2011 da
voto
6.0
  • Band: RAMESSES
  • Durata: 00:51:25
  • Disponibile dal: 10/05/2011
  • Etichetta:
  • Ritual Productions

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Gli ex-Electric Wizard Tim Bagshaw e Mark Greening con i primi due lavori dei loro Ramesses avevano raggiunto vette di splendore doom veramente notevoli. “We Will Lead You To Glorious Times” del 2005 e “Misanthropic Alchemy” del 2007 avevano permesso ai novellini doomster inglesi di raggiungere una qualità stilistica e compositva che poteva addirittura insidiare la roccaforte di Woburn e del suo “Stregone Elettrico,” che, a sua volta, aveva dato ai due la possibilità di muovere i primi passi e fare una gavetta di tutto rispetto. I Ramesses degli esordi erano migliori e più interessanti dei Wizard (gli ultimi, per lo meno) per tutta una serie di motivi. Innanzitutto Il doom metal dei Nostri era evoluto in chiave “post”, e gli elementi psych e  prog che la band incastonava nel prorio muro di suono ornavano la musica con fluidificazioni estrememanete mentali e dall’appeal remoto e affascinante. Il penultimo “Take The Curse” invece, di appena un anno fa, è stato uno scivolone imbarazzante per i Ramesses e ha visto la band ri-banalizzare la propria proposta doom e riportarla entro i ranghi di suoni fatti per “stonare” e imbambolare innocuamente l’ascoltatore più che per emozionare o straniare. Questo nuovo “Possessed By The Rise Of Magik” accentua ancora di più lo scivolone e introduce ulteriori elementi di confusione e debolezza nel sound della band che pare si sia svuotato quasi completamente di quell’impatto oscuro, intrippante ed estremamente epico che aveva reso grandi quei primi due lavori ben ancorati a delle solide fondamenta post-rock e prog. Il lavoro in questione, oltre a “sviluppare la involuzione” di cui si parlava poc’anzi, mostra anche crepe evidenti sul lato prettamente tecnico, soprattutto per via di una produzione che non sprigiona a dovere la potenza delle chitarre (di cui i nostri sono molto ben forniti), e che in generale sembra tappare la bocca ad un album che dovrebbe essere un bellicoso grido di dolore e che invece si ritrova a mugugnare senza impaurire più di tanto. Le voci sono probabilmente il tallone d’Achille di questo album e, oltre ad essere registrate male, sono anche discutibili sotto l’aspetto della performance vocale in sé di Adam Richardson – mai del tutto ispirato e graffiante nelle parti pulite che dominano l’album – e della scelta delle melodie, mai realmente memorabili e sempre striscianti e ripetitive. Suoni e mood “stonati” sono la linfa vitale del doom e dello stoner metal, ma il trio inglese stavolta sembra aver preso troppo sul serio il termine, dando alla luce un album zavorratissimo che non decolla mai e che sembra sempre girare in tondo ribattendo continuamente gli stessi sentieri in maniera maldestra e svogliata. La band deve ritrovare assolutamente quella voglia di stupire e ri-liberarsi dal tradizionalismo doom come aveva fatto agli esordi quando con visione e intraprendenza si staccò dagli Electric Wizard conservatori e immobilisti, impartendo una severa lezione di stile anche a dei veterani veri come Woburn e soci. Rimandati un’altra volta in attesa che ritirino fuori gli artigli, ma il consiglio di ascoltare i primi due lavori verrà ribadito all’infinito.

TRACKLIST

  1. Invisible Ritual
  2. Towers Of Silence
  3. Sol Nocivo
  4. Plague Beak
  5. Duel
  6. Safety In Numbness
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