7.5
- Band: RAMMSTEIN
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 31/10/2005
- Distributore: Universal
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Rammstein? Ancora? Anche se cani e porci sapevano della ravvicinata uscita discografica fa strano, poco dopo i fasti di “Reise Reise”, vedere una nuova opera dei tedeschi sugli scaffali dei negozi. La precedente fatica discografica ha avuto il merito (o la colpa) di proiettare i tedeschi nei piani alti del music biz, dopo le spinte del Family Values Tour e la grandiosa comparsata in un Blockbuster Movie come “xXx”, e sono tanti dunque ad essere curiosi. E’ quanto mai opportuno fare delle premesse per poter giudicare “Rosenrot”, soprattutto per i neofiti. Primo: senza ombra di dubbio i Rammstein sono uno dei pochissimi gruppi che negli ultimi anni si possano definire in maniera compiuta ed esatta come originali, ed ancora una volta confermano il loro trademark compositivo con canzoni di indubbio valore. Secondo: il gruppo si è imposto senza concedersi minimamente alle tentazioni e senza stravolgere il proprio sound, evolvendolo passo per passo, mantenendo la propria proverbiale durezza, il suono marziale, l’innata propensione per enfasi, teatralità e drammaticità, la forte identità teutonica e l’eccezionale sense of humor che più nero non si può. Terzo: l’ enorme senso estetico del gruppo è confermato, ancora una volta, con una cover e un booklet superiori, oltre alle varie photo-session pubblicitarie e agli inarrivabili effetti scenici. Tirando le somme, non si può andare al di sotto di un certo punteggio. C’è però qualcosa che impedisce a “Rosenrot” di essere un capolavoro: mancando dell’attesa e dell’effetto sorpresa, i primi ascolti lo fanno assimilare come identico nella struttura al suo predecessore, mentre ad ascolti più attenti il disco cresce costantemente, come la maggior parte dei lavori della formazione. Si inizia con “Benzin”, davvero troppo ordinaria per essere il primo singolo trainante, nulla più di un ripasso quasi sterile. La fine del disco è invece troppo spenta, con le semiacustiche “Feuer und Wasser” e “Ein Lied” che non lasciano un gran sapore in bocca. Altri episodi di buona caratura, ma poco dinamici, rallentano eccessivamente il passo del disco. Grandissimo spazio per le tastiere del genio Christian “Flake” Lorenz, poco strambe questa volta ma di grande sensibilità e atmosfera. Per la fortuna del gruppo e la gioia di tutti non mancano all’appello le perle assolute, capaci di risollevare le sorti di un disco: la maligna “Mann gegen Mann”, dove uno spiritato Till Lindemann (come sempre sopra le righe), perde la ragione nelle urla dissennate della variazione (“Schwulah, Aaaaaaaaaaaaaaa”), ambiguità e brividi. Inarrivabile il duetto con Sharleen Spiteri dei Texas, poetico e commovente ricorda in certi versi “Where The Wild Roses Grow” di Nick Cave e Kylie Minogue, oscuro fraseggio drammatico e amoroso che mai vi aspettereste dal gruppo. La delirante “Te Quiero Puta!” invece varrebbe da sola il prezzo del disco, l’ipotetico risultato dei Rammstein disidratati nel deserto che si ristorano con tequila e pejotes… un viaggio malatissimo, grottesco, allucinante! Ciò che manca per arrivare al totale di undici è valido ma non eccezionale, resta così il sospetto di troppe b-side rielaborate e ingioiellate con una produzione mastodontica per un’altra uscita discografica… Ora via all’oro e al platino, ma perché non aspettare un misero annetto?