7.5
- Band: RAMMSTEIN
- Durata: 00:46:20
- Disponibile dal: 17/05/2019
- Etichetta:
- Vertigo
- Distributore: Universal
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3.500 giorni: tanto abbiamo dovuto aspettare per un nuovo album dei Rammstein, un lasso temporale intervallato da innumerevoli tour ripresi in altrettanti DVD, nonché progetti paralleli più o meno di successo e inevitabili domande sul futuro della band.
Come è logico che sia, tanta attesa non ha fatto che fomentare le aspettative su questo ritorno, aspettative ulteriormente acuite da “Deutschland” anche per effetto del suo fantasmagorico video, apice visuale contrapposto al minimalismo grafico della copertina. E proprio questa dicotomia rappresenta una prima chiave di lettura del settimo sigillo del sestetto crucco, evidentemente intenzionato a semplificare la propria proposta (come peraltro già fatto all’epoca con “Reise Reise”) per raggiungere un pubblico più vasto – compresi i nuovi teenager la cui soglia d’attenzione è tarata su Spotify e YouTube invece che su cassettine e MTV – e scatenare l’inferno negli stadi, cosa che siamo sicuri pezzi più zarri come la già citata “Deutschland”, “Zeig Dich”, “Ausländer” (per chi scrive LA canzone dell’estate) o “Tattoo” non mancheranno di fare, grazie anche ad un po’ di sano auto-citazionismo perfetto per accontentare i fan nostalgici a caccia di easter egg e madeleine in salsa Neue Deutsche Härte.
Il secondo aspetto da considerare nell’approcciarsi alla nuova fatica dei R+ è il peso specifico di Till Lindemann, sempre più capitano del panzer tedesco sia quando porta una ventata di novità (magistrale il climax emotivo di “Puppe”) che quando tiene a galla i (pochi) frangenti più traballanti, come la ballad “Diamant”, un po’ troppo telefonata nella sua pur breve durata. Ogni buon condottiero non sarebbe però tale senza un fido scudiero, e qui come da tradizione il ruolo di secondo spetta a Flake Lorenz, il cui genio e sregolatezza marchiano a fuoco “Radio” e “Weit Weg”, senza dimenticare la prova corale nella conclusiva “Hallomann”. Confrontare questa nuova fatica con “Sehnsucht” o “Mutter” a parere di chi scrive non ha molto senso, e infatti sarà probabilmente tramandato ai posteri come il punto più debole nella discografia dei Nostri (vedi la nostra doppia recensione); nondimeno, questi nuovi undici pezzi superano tutto quanto fatto sentire dai vari Lindemann ed Emigrate (per non parlare dei numerosi epigoni in madrepatria), confermando come l’antica alchimia dei sei non sia andata del tutto perduta anche in studio. Godiamoci quindi questo atteso ritorno, in attesa di vederli dal vivo dove, ne siamo certi, il palco avrà l’effetto della scintilla sul fiammifero.