RANCID – …And Out Come The Wolves

Pubblicato il 22/08/1995 da
voto
9.5
  • Band: RANCID
  • Durata: 00:49:39
  • Disponibile dal: 22/08/1995
  • Etichetta:
  • Epitaph

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Dopo il tris d’assi del 1994 – “Dookie”, “Smash” e “Punk In Drublic” – per completare il poker dobbiamo aspettare l’anno successivo, quando vede la luce “And Out Come The Wolves” dei Rancid, quarta gamba del punk rock da classifica di fine millennio. Nata nel 1991 dalle ceneri degli Operation Ivy, la formazione capitanata da Tim Amstrong si fa subito notare con due album in rapida successione (l’omonimo debutto nel 1993 e “Let’s Go” l’anno dopo): complice l’esplosione di Green Day e Offpring, anche i Rancid vengono corteggiati dalle major di turno (compresa la Maverick di Madonna, che leggenda vuole abbia perfino mandato alla band la propria foto nuda) ma resistono alle pressioni decidendo di restare con la Epitaph, traendo ispirazione per il titolo proprio dall’appetito delle case discografiche. Registrato tra la California e New York con Jerry Finn (che qualche anno dopo diventerà ancora più famoso con un certo “Enema Of The State”), il terzo disco del quartetto californiano è destinato a fare la storia fin dall’artwork, tributo all’EP di debutto dei Minor Threat, a anche dal punto di vista musicale alza il tiro rispetto all’hardcore-punk degli esordi, riprendendo le influenze ska degli Operation Ivy e consegnandoci diciannove pezzi entrati di diritto nella storia del genere, oltre che nei walkman di milioni di appassionati. Fin dall’inconfondibile giro di basso che apre la velocissima “Maxwell Murder” è evidente lo stato di grazia in cui si trovano Tim Armstrong, Lars Frederiksen (entrato nella band nel 1993, dopo il rifiuto di Billie Joe dei Green Day), Matt Freeman e Brett Reed, galvanizzati dal successo dei compagni d’etichetta e pronti ad assicurarsi il proprio posto nell’Olimpo con una perfetta miscela tra il pop-punk californiano e il punk rock inglese di fine anni ’70 (Clash in primis, ma anche Damned e Sex Pistols). Se singoli di successo come “Roots Radicals”, “Time Bomb” e “Ruby Soho” sono ormai noti a chiunque abbia messo piede in vita sua in una discoteca rock – nonché beneficiari di un frequente airplay su MTV, a differenza dai cugini NOFX – essi non rappresentano che la punta di un iceberg molto più variegato. Dalla melodia nostalgica di “Olympia, Wa” al climax emotivo di “Junkie Man” (con una parte rappata cantata dal poeta Jim Carroll, i cui versi contengono anche il titolo dell’album), dalla ballata metropolitana in levare “Daly City Train” al ritornello da cantare a squarciagola di “Journey To The End Of The East Bay” (ispirato alla breve storia degli Operation Ivy), senza dimenticare il pogo sexy di “She’s Automatic”, l’adolescenza in due minuti di “The Wars End” e l’inno Oi! di “Avenues & Alleyways”. Se i Green Day erano l’anima cazzona, gli Offspring quella incazzata e i NOFX una via di mezzo, la premiata coppia Armstrong & Frederiksen è cantrice della vena più malinconica e sincera del punk-rock anni ’90, portavoce di un disagio che trova nell’amicizia e nella musica la sua ancora di salvezza.

TRACKLIST

  1. Maxwell Murder
  2. The 11th Hour
  3. Roots Radical
  4. Time Bomb
  5. Olympia WA.
  6. Lock, Step & Gone
  7. Junkie Man
  8. Listed M.I.A.
  9. Ruby Soho
  10. Daily City Train
  11. Journey To The End Of The East Bay
  12. She’s Automatic
  13. Old Friend
  14. Disorder And Disarray
  15. The Wars End
  16. You Don’t Care Nothin’
  17. As Wicked
  18. Avenues & Alleyways
  19. The Way I Feel
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