7.5
- Band: RATOS DE PORAO
- Durata: 00:31:34
- Disponibile dal: 20/05/2022
- Etichetta:
- F.O.A.D. Records
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C’è molto Black Sabbath nella copertina del nuovo album dei Ratos de Porao, tornati in azione dopo otto anni dall’ultimo “Seculo Sinistro”. Se però la maligna cover di “Sabbath Bloody Sabbath” prevedeva anche un retro più benevolo, quella di “Necropolitica”, sparato sulla folla dalla F.O.A.D. Records, non lascia spazio ad alcun ripensamento: l’abbraccio mortale rappresentato racchiude perfettamente lo strato di collera scagliato dal gruppo di Joao Gordo durante la mezz’ora prevista. Com’è sempre stato, sin dagli esordi targati “Crucificados Pelo Sistema”, il marchio hardcore/thrash del combo brasiliano porta nuovamente con sé i tratti crudi e cupi di una maldicenza di base, dove ogni minimo dettaglio viene chiamato in causa così che l’invettiva innalzata dall’ugola greve dello stesso Gordo possa toccare tutti gli obiettivi a prova di mirino. L’aggressività delle dieci tracce ha un unico bersaglio, che si chiama politica, quella progettata, orchestrata e tutt’ora vigente nel paese sudamericano; una politica che travisa e nasconde, che inganna il povero e lo sminuisce quando è esso stesso a cadere in disgrazia o, nella peggiore delle ipotesi, a perdere la propria vita. Un attacco frontale in piena regola, tracciato con le tipiche armi utilizzate nel tempo dai Ratos de Porao, esempio esemplare di un mix letale tra hardcore, thrash e crossover: basta ascoltare la tripletta iniziale per averne immediata testimonianza. Dall’inno ribelle “Alerta Antifascista” alla violentissima “Aglomeração” alla pompatissima e trascinante “Passa Pano Pra Elite”: tre serie di colpi brutali, massicce, sibilate dai riff di Joao, tanto maturi quanto efficaci.
Un “Necropolitica”, ispirato da colui che nel 2016 ha coniato questo termine, il filosofo camerunense Achille Mbembe, bollando quelle forme di potere che mirano all’eliminazione del povero-generico attraverso il controllo lapidario sulla loro vita e morte. L’odio dei RDP si manifesta, come da prassi, senza maschera contro l’omertà governativa ma soprattutto contro chi la manovra, la gestisce, contro chi tira i fili di questo modus operandi che ha trovato, purtroppo, la sua massima espressione nel corso degli eventi pandemici degli ultimi due anni. Il dito, o meglio il pugno, puntato verso la sedia presidenziale si palesa con brani come “G.D.O.”, “Neonazi Gratiluz” o ancor più chiaramente con “Bostanágua” (letteralmente ‘merda in acqua’), bastonando, non solo a parole, il protagonista di una campagna Covid contraddistinta dalla continua disinformazione. Una colonna sonora, rigorosamente in portoghese brasiliano, completa in tutti i suoi punti salienti, nella quale anche sul finale conta altri due episodi di assoluto spessore, confermando l’insita cattiveria dei Ratos De Porao, rimasta intatta dopo quasi quarant’anni dal primo urlo di protesta. Si comincia con “Entubado” (titolo che non ha bisogno di presentazione) fulminea e luciferina, interrotta dai classici rallentamenti collosi utili a calcare il polso sulla tematica del pezzo, e si chiude con la rognosa e già menzionata “Neonazi Gratiluz” degna conclusione di un album che ci mostra una band sempre sull’onda dell’anticonformismo, spontanea e più incazzata che mai.