7.0
- Band: RAVENSCRY
- Durata: 00:51:01
- Disponibile dal: 15/04/2011
- Etichetta:
- Wormhole Death
Spotify:
Apple Music:
Per ora possiamo dire che il 2011 pare essere l’anno dei bei debutti delle band italiane. Dopo le buone prime prove di Crimsonwind e Silverlake e l’ottimo debutto di Odd Dimension, anche i milanesi Ravenscry riescono a stupirci con un prodotto che dell’ingenuità e delle imprecisioni che di solito si accompagnano ad una prima uscita non ha proprio nulla. Sicuri dei propri mezzi e con alle spalle una gestazione di questo debutto di quasi tre anni, i Ravenscry mettono dunque sul mercato sotto Wormholedeath questo “One Way Out”, album di difficile classificazione per via delle numerose influenze in esso presenti, ma che non manca di colpire nel segno stupendoci per la maturità compositiva che trapela dalle difficili costruzioni ritmiche e dalle interessanti melodie vocali della brava Giulia. Posto in qualche modo all’interno della scena gothic, il sound dei nostri si mostra però anche molto moderno e contaminato dall’elettronica, segnato da un uso estensivo ma non stancante di basi registrate, a volte a cavallo anche di generi anche lontani dal metal. Diverse strizzate d’occhio all’alternative rock sulla scia dei Lacuna Coil ed una certa somiglianza della bellissima voce di Giulia con quella di Amy Lee degli Evanescence (altro gruppo che cede spesso alla tentazione dell’elettronica) completano infine il quadro molto variopinto e cangiante creato dalla musica dei Ravenscry, musica che è volta a creare una serie di immagini, forme e colori molto diversi tra loro, un po’ come la copertina (evocativa) scelta dalla band. Accanto alla complessità ed originalità della proposta – sicuramente il punto forte della band – segnaliamo anche una preparazione tecnica all’altezza e l’ottima performance generale di Giulia, in alcuni frangenti davvero esaltante. Tra i momenti migliori di “One Way Out” inseriamo sicuramente l’opener “Calliope”, che ci presenta subito in apertura il lato moderno e post-gothic della band. Priva di assolo centrale ma dotata di ritmiche robuste e coinvolgenti, è un’ottima carta di presentazione per il gruppo. La più orecchiabile “Nobody” mette invece sul piatto un uso più estensivo delle basi elettronica, accostando a ritmi più lenti una prestazione di Giulia davvero superiore in termini di emozionalità. Degne di nota anche l’inquietante “This Funny Dangerous Game” e le tre parti di Redemption, che mostrano la vena compositiva più sofisticata della band. A parte per alcuni pezzi che possono passare per maggiormente anonimi, l’ascolto del disco fila liscio in tutti i suoi cinquanta minuti. Salutiamo dunque l’arrivo di questa nuova band, che porta una ventata di novità nella scena italiana.