7.0
- Band: REBAELLIUN
- Durata: 00:42:00
- Disponibile dal: 22/09/2023
- Etichetta:
- Agonia Records
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Gli ultimi tempi non sono di certo stati privi di complicazioni per i Rebaelliun. L’improvvisa morte del chitarrista Fabiano Penna nel 2018 e l’altrettanto inaspettata scomparsa del bassista/cantante Lohy Fabiano, avvenuta lo scorso anno, hanno lasciato il batterista Sandro Moreira praticamente da solo, davanti all’impresa, sulle prime disperata, di raccogliere i cocci e portare avanti una carriera che sembrava ormai compromessa definitivamente.
Aggiungiamoci le restrizioni alla mobilità causate dalla pandemia, ed ecco le ragioni per cui tra il disco precedente, “The Hell’s Decrees”, e l’uscita del nuovo “Under the Sign of Rebellion” sono passati ben sette anni.
È in effetti quasi un miracolo che il gruppo brasiliano sia ancora qui dopo quella sfilza di tragedie: la lavorazione del disco era iniziata quando Lohy Fabiano era ancora fra noi – tanto che le linee vocali dei brani sono tutta opera sua – ma probabilmente non tutti sarebbero stati in grado di portare a termine il processo, reclutando nel frattempo un nuovo frontman, Bruno Añaña, per i prossimi impegni dal vivo e in studio.
È quindi con una certa ammirazione che salutiamo l’arrivo di “Under…”, un inno alla determinazione e alla perseveranza di questa ormai storica realtà del panorama death metal. Un disco che fa di necessità virtù e che porta la band a presentarsi con ancora più caparbietà del solito, oltre a sottolineare una linea di continuità con il repertorio precedente, a dispetto del terremoto in line-up.
Le nuove canzoni vanno a consolidare un suono che proprio nella sua stabilità e persistenza caratterizza questo lavoro all’interno della discografia del gruppo. Possiamo vedere “Under…” come una sorta di riassunto del concept musicale dei Rebaelliun: l’indole estremista, dal retaggio slayeriano, così come certa spigolosità di marca Morbid Angel, sono e saranno sempre presenti alla base del suono dei brasiliani, ma nella tracklist troviamo anche parentesi più ragionate e un pizzico di quel groove che era emerso su “The Hell’s Decrees”, album che aveva introdotto qualche variazione e dei brani talvolta capaci di seguire percorsi diversi e un filo più ampi, senza al contempo rinnegare quell’intransigenza che da queste parti solitamente porta a imprevedibili e frequenti cambi di ritmo e intensità.
Certo, l’oltranzismo di un disco come il vecchio “Annihilation” forse non sarà mai più replicabile, ma anche in questo ritorno non mancano dei passaggi particolarmente serrati e arcigni, quella ‘garra’ per la quale la band è spesso accostata ai connazionali Krisiun. Anche la produzione, ruvida e tradizionalista, contribuisce a donare un tocco di spontaneità e purezza d’altri tempi alla tracklist: quest’ultima cala di ispirazione nel finale, ma a conti fatti si dimostra ben bilanciata e all’altezza della fama del gruppo, con episodi come “All Hail The Regicide”, “The Gods Manace” o “Insurgent Fire” qui prontissimi a confermare che i Rebaelliun, per chi volesse, ci sono ancora.